giovedì 1 novembre 2012

Novembre 2012: esce per Scrittura&Scritture L'ombra del bosco scarno di Massimo Rossi


 

Una scrittura densa ed appassionante che scava nei recessi più inconfessabili dell'animo umano. Un thriller psicologico intenso macchiato di noir, in cui tutto e tutti possono essere il contrario di quello che sembrano.


Nella comunità di San Mathias il male sembra essere più forte degli uomini…
La tranquillità degli abitanti della valle di Stille, un altopiano isolato e di difficile accesso, è stata turbata. Qualcuno ha violato una delle regole millenarie del Metodo imposto dal fondatore san Mathias. Il parroco don Basilius, guida spirituale dei valligiani, è preoccupato: un pericolo sconosciuto sta per abbattersi sulla comunità.
Come se non bastasse, un bambino scompare misteriosamente nel bosco. Verrà riportato a casa apparentemente in buone condizioni ma ostaggio di un mutismo che potrebbe essere senza via di uscita.
Cos'è successo nel buio di quel bosco? Il bambino si è solo perso o qualcuno lo ha rapito? I suoi occhi hanno forse visto qualcosa che doveva rimanere nell'ombra?
Indizi e sospetti si stringono intorno a una vecchia auto e al maso Becker, proprietà di un famoso e piuttosto eccentrico stilista svizzero.
La psicologa Helena, una ex poliziotta scelta per il recupero del piccolo, con pazienza traccia un percorso nelle indagini mettendo a nudo lati oscuri del luogo e dei suoi abitanti, segreti inimmaginabili.


Massimo Rossi, classe '58, è nato a San Donà di Piave e vive tra la sua città di origine e la vicina Treviso, dove lavora. Nella razza Piave, popolo di persone forti, ostinate, testarde, lui si riconosce perfettamente. I genitori lo vorrebbero giornalista ma, attratto dai numeri e dalla loro sincerità, studia da ingegnere, e per anni mette a frutto quanto la scuola e l'esperienza gli hanno insegnato, misurando coi numeri l'ambiente che gli sta intorno. Ma non sempre tutto è così come appare agli sguardi sopiti della gente e così la penna diventa uno strumento per provare a scrivere una realtà in cui non sempre i buoni e i cattivi sono come appaiono agli occhi dei più. Il dubbio è il calibro che usa per misurare le vicende umane delle sue storie dove, al pari della vita, ognuno è solamente in parte quel che sembra. Di sicuro, nemmeno lui, ingegnere e calcolatore, è interamente uguale a ciò che appare.
 
Booktrailer:
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martedì 17 luglio 2012

Partono a settembre i corsi di Tempi irregolari: PRATICA DELLA LINGUA INGLESE APPLICATA ALL'EDITORIA e TRADUZIONE LETTERARIA


L'agenzia Tempi irregolari organizza per il mese di settembre due workshops aventi ciascuno la durata di 12 ore e destinati a un numero massimo di 16 partecipanti ciascuno. tenuti dalla traduttrice Catherine Baldisserri.

Catherine Baldisserri, laureata in lingue, è stata insegnante d’italiano e d’inglese fino al 2002. Dal 2003 lavora nel settore editoriale sia come lettrice, agente e traduttrice letteraria dall’italiano e dall’inglese al francese per case editrici francesi. Ha elaborato e animato molti laboratori di Traduzione in Italia e Francia nonché Workshop sulla lingua Inglese applicata al settore editoriale.



PRATICA DELLA LINGUA INGLESE APPLICATA ALL’EDITORIA

Gorizia 15-16 settembre

L'Atelier è indirizzato agli interessati al mondo editoriale e che vogliono approfondire le tematiche seguenti (la catena editoriale, i generi letterari, i diversi contratti editoriali, presentazione di un libro e un autore) nella lingua di Shakespeare.

L’Atelier è stato svolto presso l'EMi Cfd, Parigi, sezione editoria 2010 - 2011 – 2012.

Nota bene: questo atelier si svolgerà interamente in lingua inglese
http://www.tempirregolari.it/doc/workshop_inglese_editoriale.pdf


TRADUZIONE LETTERARIA

Il traduttore, viaggiatore da una lingua all’altra

Gorizia 22-23 settembre

L'Atelier è indirizzato principalmente a giovani tra i 15 e 18 anni, si articola in una parte teorica ed un workshop con esercitazione di traduzione di un passo letterario dal FRANCESE all’'ITALIANO.

L’Atelier è già stato svolto nell’ambito del progetto “ Giovani e Primo romanzo ” del Comune di Cuneo.


Gli atelier verranno attivati con un minimo di 10 partecipanti l'uno.

In caso il numero comunicato ai di iscritti superasse il massimo previsto, verranno comunicate nuove date.

L’orario verrà partecipanti quanto prima.

Maggiori informazioni nelle brossure scaricabili dai link o contattando info@tempirregolari.it



martedì 10 luglio 2012

Il primo semestre 2012 regala molte novità alla Tempi irregolari


Molte novità ha riservato il primo semestre del 2012 alla nostra Agenzia. Nonostante le non poche difficoltà del settore a cui si aggiungono quelle che caratterizzano le nuove attività e quelle generate dall’esercitarle in un’area periferica, i nostri sforzi sono stati premiati da grandi attestati di fiducia.
Innanzitutto, la rights list dell’agenzia si è arricchita di grandi nomi.
Abbiamo allargato il settore dei libri illustrati per ragazzi e siamo orgogliosissimi di rappresentare oggi due importanti editori sloveni: Zalozba MIS, che rappresentiamo in Italia, Russia, Polonia, Turchia, Armenia e Iran (dove abbiamo cominciato a costruire un network di contatti) e Zalozba Morfem di cui abbiamo assunto i foreign rights wordwide. Fra gli autori per ragazzi esteri, accanto al nome di Miha Mazzini si sono ora aggiunti quello di Primoz Suhodolcan, l’autore più letto in Slovenia i cui diritti sono gestiti worldwide dalla nostra agenzia, e l’autore Polacco Przemek Wechterowicz, pluripremiato, che rappresenteremo in esclusiva in Italia, Slovenia, Croazia, Serbia, Turchia. Infine da circa un mese ci ha raggiunto anche l’italiana Cristina Marsi che ha già al suo attivo numerose pubblicazioni sia in Italia che in Francia e che altre ne sta ora preparando.
Abbiamo inoltre aperto, grazie alla collaborazione con la traduttrice Sara Salone, le porte alla Romania. Rappresentiamo infatti Editura Mediamorphosis e la trilogia per ragazzi ANDILANDI di Sinziana Popescu che grandissimo successo ha avuto in Romania di cui ci siamo aggiudicati l’esclusiva. Ricordiamo che la Romania è stata ospite d’Onore al recente Salone del Libro di Torino, a cui noi eravamo presenti nel settore dedicato agli agenti e siamo stati citati nel comunicato stampa finale.
Nel settore della literary fiction l’autrice serba Jasmina Mihajlovic il cui Paris Kisses è stato tradotto in Russo e Inglese e gli eredi del grande autore serbo Milorad Pavic, di cui abbiamo l’esclusiva per l’Italia ed il mercato arabo. Infine recente è l’acquisizione dell’esclusiva per il mercato italiano di un autore dominicano di grande successo, Pedro Cabiya, scoperto lo scorso anno alla fiera del libro di Frankfurt e tradotto dalla nostra collaboratrice e amica Giulia Bancheri.

Ma anche in Italia le soddisfazioni non ci sono mancate. Infatti abbiamo assunto la gestione dei diritti esteri di due interessantissimi editori indipendenti: Arkadia, editore sardo di fiction e non fiction e Scrittura e Scritture di Napoli, specializzate in noir, storici e letterari, con una interessante collana di racconti. Ultima, a questa lista di prestigio, si è aggiunta una delle case editrici italiane indipendenti di maggiore prestigio, Zandonai, che rappresenteremo worldwide con esclusione dei mercati di lingua spagnola e portoghese.
Il nostro lavoro con i mercati dell’Est ci ha inoltre regalato l’onore di essere ufficialmente invitati al 27th International Literary Festival di Vilenica in Slovenia, una delle manifestazioni letterarie più importanti nell’Est Europa, una 4 giorni di incontri, conferenze e readings con gli autori più importanti della Mitteleuropa, che culmina con la premiazione di un autore dell’area balcanica, premiazione che si tiene l’8 settembre nelle grotte carsiche di Vilenica. Dopo Kundera, Vilikovski, Magris (potete trovare l’elenco complete sul sito www.vilenica.si) quest’anno sarà premiato l’autore serbo David Albahari, pubblicato in Italia da Zandonai.
Vi anticipiamo inoltre la notizia del recente invito – anch’esso inatteso e pertanto ancora più gradito -  a partecipare alla 19° International Book and educational Fair di Bucarest http://www.gaudeamus.ro/en/  dove sarà, fra l’altro, messo a nostra disposizione uno stand. A margine della fiera e degli incontri previsti per presentare i nostri autori e approfondire la conoscenza del mercato e degli autori romeni, è stato organizzato anche un convegno cui il nostro agente Stefano Bisacchi è stato invitato a partecipare come relatore e che verterà su Il ruolo degli agenti letterari nell’evoluzione del mercato internazionale.
Infine una novità per la nostra agenzia, che ha attivato per il mese di settembre due workshops già tenutisi a Cuneo e Parigi, uno di traduzione ed uno sulla lingua inglese nel mercato editoriale, che saranno tenuti dalla nostra collega e traduttrice Catherine Baldisserri.
Maggiori informazioni sul nostro sito (http://www.tempirregolari.it/corsi_53.html).
Insomma, nonostante la grande crisi economica e la altrettanto profonda crisi culturale, andiamo avanti, con fatica, ma con fiducia. Ai nostri autori e ai nostri colleghi va il nostro grazie.

martedì 19 giugno 2012

"Il noir italiano è provinciale?" di Omar Gatti


Non sono né un esperto di noir né di strategie editoriali (nella vita faccio il disegnatore meccanico). Ho aperto il blog Noir Italiano perché sono un accanito lettore di gialli e polizieschi ambientati in Italia. Mi piace leggere storie che si svolgono in luoghi che ho visitato e che affrontano tematiche che conosco e che ho vissuto. Eppure, da quando è partito il blog, mi sono reso conto di quanto questo genere sia maltrattato e malvisto.

A parte un cretino che mi ha scritto, visto che parlo di noir esclusivamente italiano, se per caso io sia fascista, anche le case editrici non scherzano. Quotidianamente mi arrivano mail che mi avvertono dell’uscita di un nuovo noir e mi chiedono di pubblicizzarlo sul blog. Io, per una questione di etica (non mi piacciono le marchette), non pubblicizzo niente che non abbia letto o conosciuto, però vado sempre a sbirciare ciò che mi viene proposto. Scopro così che si tratta del nuovo romanzo di “Ektor Sconnellenung”, sconosciuto autore norvegese che ambienta le sue storie a Oslo. Sarà anche bravissimo, non lo metto in dubbio, ma perché le case editrici privilegiano un norvegese piuttosto che un buon autore nostrano?
Altro caso è quando mi viene inviata una mail dall’ufficio stampa di una case editrice che mi chiede se sia interessato a recensire il nuovo noir di un autore italiano. Certo, dico, è per questo che ho aperto il blog. Mi arriva il libro a casa e cosa scopro? Che la storia è ambientata a New York e ha per protagonista John, cinquantenne reduce dal Vietnam (un reduce tra l’altro che fa colazione con il caffè espresso e ama il calcio, tanto per dire quanto sia veritiera l’ambientazione). Ma dico io, perché un autore non deve parlare di quello che conosce? Perché fa così schifo far svolgere una storia nera a Genova, Gorizia, Portofino?

Eppure in Italia di luoghi noir ce ne sono tantissimi, anche la mia tranquilla e sonnacchiosa Monza è piena di viuzze dove si potrebbe consumare un omicidio, eppure l’editoria snobba queste cose, privilegiando migliaia di cloni di Dan Brown con mattoni sulla Sindone o su vangeli apocrifi.
Il noir italiano è così provinciale? Ai lettori l’ardua sentenza.

Omar Gatti

venerdì 1 giugno 2012

E' NATO DESERTOITALIANO: il blog ufficioso della resistenza civile alla demenza di un'epoca. Di Agostino Palmisano


Ognuno di noi ha un suo modo speciale di considerare e catalogare gli scrittori. Io considero un grande scrittore colui che racconta di me meglio di me. Credo che siano centinaia o migliaia o milioni gli autori che dicono che in ogni storia c'è un pezzo della nostra. Io sono in pieno accordo con questo assioma e ciò nonostante non riesco ad affezionarmi a tutti i grandi scrittori.

Alla fine quelli con cui ho un vero rapporto di rispetto e intimità sono pochi, pochissimi, quei quattro o cinque che davvero mi hanno cambiato e mi hanno accolto con umanità. Su tutti spicca forse Carlo Levi che col su Cristo si è fermato ad Eboli: non solo mi ha raccontato meglio di me, ma ha detto tutto quello che nemmeno osavo pensare del mio mondo e dei miei luoghi. Attraverso la povertà e le meschinità da lui raccontate, le nebbie del mio cuore sono evaporate e il cielo stellato ed infinito è esploso nella limpidezza che tutto vede e sopporta.

Se uso uno stile quasi aulico è perchè mi sono imposto il rispetto verso quest'uomo che tanto ha dato all'Italia e che è ricambiato oramai con l'oblio che mi torce le budella facendomi ancor di più disprezzare una così stupida patria. E a questo senso di oblio ho deciso di oppormi, nel mio piccolo certo, creando questo blog, DESERTOITALIANO, con l'intento di coinvolgere i miei amici non lobotomizzati per cercare una comunicazione speciale con l'uso del web. Lo so che di blog ce ne sono miliardi, anzi biliardi, ma noi ce ne freghiamo e attraverso quel po' del nostro sapere ci opponiamo alla vita quotidiana fatta di inciviltà e menefreghismo. Con DESERTOITALIANO abbiamo creato una piccola comunità, che si spera sempre in espansione, ma va da sè che l'universo tende all'entropia.

Chiunque può fantasticare sul nome e, per la verità, il significato è fin troppo evidente: siamo come un'oasi nel nulla, una delle tante oasi disseminate nell'universo. In realtà non è solo così. Se si va a fare un giretto sul blog e si comincia a cercare troverete quanto segue: "Cos’è DESERTOITALIANO? E’ un luogo d’approdo e di partenza. Qui si collabora, si partecipa e non si fanno troppe cerimonie. Qui tutto è semplice e chi non condivide non è ben accetto. Nel deserto culturale che ci attornia, desideroso di inghiottirci, noi opponiamo resistenza fisica e mentale. E questa oasi accoglie tutti, purché civiltà, educazione e rispetto vigilino nelle coscienze di ognuno. DESERTOITALIANO è un’oasi dove la calma e la frescura aiutano i viaggiatori del web a ritemprare i propri circuiti neurali sovraccarichi del caos e dell’affanno della contemporaneità digitale, stanchi della tempesta di sabbia che accieca e confonde. DESERTOITALIANO è una comunità di individui dal passo lento e dalla vista acuta uniti dalla voglia di raccontare una storia fatta di storie, ognuno col suo incedere, col suo tibro unico e deciso. DESERTOITALIANO cerca di riscoprire la condivisione del sapere, senza egoismi e vanità, nella speranza che ciò serva a tutti, tenuti in vita da una coscienza collettiva sempre più fragile."

A questa sorta di dichiarazione d'intenti, infine, aggancio quella che è in realtà la scintilla che ha dato via a tutta la faccenda. Questa scintilla è una citazione, già presente sul blog, da Carlo Levi. L'incipit del suo libro L'Orologio recita così: "La notte, a Roma, par di sentire ruggire i leoni. Un mormorio indistinto è il respiro della città, fra le sue cupole neree i colli lontani, nell’ombra qua e là scintillante; e a tratti un rumore roco di sirene, come se il mare fosse vicino, e dal porto partissero navi per chissà quali orizzonti. E poi quel suono, insieme vago e selvatico, crudele ma non privo di una strana dolcezza, il ruggito dei leoni, nel deserto notturno delle case. [...]"

benvenuti in DESERTOITALIANO.

Agostino Palmisano


www.desertoitaliano.wordpress.com





mercoledì 23 maggio 2012

"Quale simbolo hanno pensato di colpire?" di Antonio Strinna

                                     
       Quale simbolo hanno pensato di colpire, a Brindisi, attaccando una scuola, uccidendo e ferendo tante ragazze? Difese unicamente dal loro sorriso, dalla loro speranza. Fiduciose nel futuro e nella società forse più di qualunque adulto. Me lo chiedo mentre ricordo la mia esperienza, e quella di migliaia di altri studenti, quando negli anni ’60 frequentavamo, da pendolari, le scuole superiori o l’università, a Sassari. Procedendo lungo un tortuoso nastro d'asfalto, che unisce Osilo alla città, i nostri volti erano al solito allegramente illuminati da canzoni come fossero bandiere, ma anche dai nostri libri, quasi sorpresi di poterli possedere. Ogni giorno di più mi ritrovavo felice e orgoglioso di far parte di questa timida avanguardia, una sorta di nuova infanzia: quella di un paese dopo antiche rassegnazioni. Così che anche i bastardi potevano sentirsi della partita, far sapere al mondo che c'erano pure loro.  

      E adesso -malgrado la notte, notte di terrore e di morte-, quegli stessi bastardi me li ritrovo davanti per dirmi che persino la solitudine, quella dei ragazzi di oggi, possiede il suo fuoco, gelosamente custodito, dentro l'adolescenza e il suo viaggio, imprevedibile. Attorno a quel fuoco, allora, scalpitavano figli di spaccapietre, di mugnai e falegnami, figli di muratori, contadini e pastori.  Stretti ai loro sogni segreti, lo sguardo alto nel tentativo di dare un calcio al passato. Anche io, come loro, pregavo che il tempo mi concedesse di battermi ad armi pari con la vita e con il mondo.

     Ma quale vita e quale mondo certo non lo sapevo. E neppure lo sapevano le ragazze appena scese dal pullman, a Brindisi, davanti alla loro scuola. Lo sapevamo noi, invece, o almeno avremmo dovuto saperlo. Esserne comunque consapevoli. E proteggere la loro innocenza, il loro futuro. Invece, da anni, la nostra scelta sembra andare in direzione opposta: relegare la scuola, e chi la frequenta -studenti e insegnanti-, in uno spazio sempre più angusto, insicuro, sempre meno significante. L’abbiamo sacrificata, indebolita, quasi fiaccata, resa poco e niente credibile. Insomma, un poco alla volta, quasi senza accorgercene, l’abbiamo colpita nel profondo.

     Ma forse non siamo ancora riusciti a comprometterla, la scuola, a farla naufragare del tutto. I giovani hanno risorse inimmaginabili, che a volte ignoriamo, e sottovalutiamo. E queste risorse, impiegate saggiamente come una risurrezione, o una ribellione sociale, potrebbero essere considerate una sorta di lievito che salva e trasforma una farina -la società-, che sta per andare a male.  Ma per qualcuno non è affatto una risorsa; anzi, è un nemico pericoloso. Peggio ancora, è un simbolo, e in quanto simbolo un soggetto socialmente contagioso, trascinante, dunque un simbolo da colpire. La farina che non avrà mai il volto e il compito del pane, per qualcuno è il luogo giusto dove coltivare ogni specie di male, e questo qualcuno non accetta facilmente che le venga sottratto.

     Senza volerlo, i ragazzi di oggi stanno diventando i nuovi eroi? La scuola un nuovo risorgimento, una nuova patria? Perché non sappiamo esserlo noi, e nemmeno sappiamo assumerci le responsabilità -neanche quelle minime-, che ogni cittadino dovrebbe avvertire dentro di sé. A iniziare dalla consapevolezza che nel proprio destino c’è anche quello degli altri. Mi auguro che le cose non stiano proprio così. Altrimenti, vorrebbe dire che la nostra degradazione e la nostra deriva è ormai senza ritorno. Il naviglio, nel quale siamo imbarcati, ormai senza direzione. Per di più, è come se i nostri figli si vedessero costretti, in qualche modo, a fare i genitori. Insomma, a insegnarci qual è il potere dei simboli e dunque dei gesti, quelli positivi, quelli che producono il nostro bene, dal momento che noi abbiamo coltivato finora, persino cinicamente, soltanto i gesti e simboli del potere. Con i risultati che, tragicamente, abbiamo davanti agli occhi. Chissà se anche, indelebilmente impressi, negli occhi della coscienza.  


Antonio Strinna


giovedì 3 maggio 2012

Il noir nell'Italia che cambia di Omar Gatti

Siamo lieti di ospitare degli interventi del blogger e scrittore Omar Gatti, ideatore del blog Noir italiano. Con questo post vogliamo aprire uno spazio dedicato ad autori da scoprire e riscoprire.

C'è stato un uomo, chiamato Giorgio Scerbanenco, che ha dettato le regole e creato le basi del noir italiano. Un uomo schivo e dedito alla scrittura in maniera ossessiva, che ha dato vita a uno dei personaggi chiave della scena poliziesca italiana e raffigurato il mito della "Milano Calibro 9". Sono passati cinquant'anni dalla pubblicazione dei romanzi di Scerbanenco e l'Italia di allora, quella del boom, non esiste più.
Di cosa scriverebbe Scerbanenco oggi?
Racconterebbe di imprenditori strozzati dai debiti che s'impiccano in ufficio, di padri devastati dal dolore per la morte della figlia, uccisa dal fidanzato condannato a un anno di domiciliari. Scriverebbe di faide di mafia consumate in laboriosi paesini del Veneto e di allenze politiche per il consumo indiscriminato del territorio in Brianza. Inventerebbe un poliziotto, un commissario, che si muove in un'Italia che non ha più fede in niente e non crede in nulla, dove futuro è una parola che possono concendersi in pochi. 
Questo scriverebbe Scerbanenco, oggi, con il suo stile asciutto e fotografico.
E noi lo leggeremmo, pensando, come sempre, che sia solo finzione.

Omar Gatti


Concordiamo perfettamente con le parole di Omar e invitiamo chi si cimenta nel genere giallo e noir a leggere questo autore imprescindibile. Vorremmo far notare come Scerbanenco, dopo l'esordio nel giallo con la figura di Arthur Jelling negli anni '40, raggiunse il successo solo dalla metà degli anni '60, ideando una serie di gialli che aveva per protagonista l'ex chirurgo Duca Lamberti. Questo perché? Perché dopo lunga elaborazione è riuscito a creare un giallo totalmente italiano e non uno scimmiottamento di quello anglosassone. Consiglio dunque quegli scrittori che, innamorati, anche giustamente, del mistery e noir americano, si sforzano di riproporre le loro storie in contesti americani o inglesi, non solo a volte inverosimili, ma profondamente lontani dal nostro modo di pensare, di provare a leggere anche questo grande maestro.
Basta scegliere Venere privata e Traditori di tutti che non a caso vinse nel 1968 il prestigioso premio francese Gran prix de littérature policière. Sufficienti per capire che anche la nostra banale Italia offre ottimi spunti per scrivere capolavori, se si sa creare le giuste atmosfere e dare il giusto ritmo alla narrazione. Gli spunti poi non mancano nemmeno oggi, come ci suggerisce Omar Gatti.
Il problema è che i colossi, perchè di colossi si tratta, americani (basti citare Ellroy) hanno oscurato i nostri autori come Scerbanenco appunto, o Loriano Machiavelli, che però non sono da sottovalutare e soprattutto da leggere. Per documentarvi vi invito a visitare proprio io blog di Gatti:

venerdì 20 aprile 2012

Niente a che vedere con Ariel

Forse non tutti sono cresciuti a “pane-e-Walt Disney” come la sottoscritta, ma credo che la Sirenetta Ariel sia nota a chiunque. Chi non è rimasto affascinato dal suo spirito avventuroso e dalle soffici onde dei suoi capelli rossi? Una splendida principessa marina innamorata di un umano (e che umano, oserei aggiungere) disposta a tutto pur di coronare il proprio sogno tramutando la sua coda da pesce in due bellissime gambe, persino cedere la sua voce melodiosa alla strega degli abissi. Allora, ve la ricordate Ariel?
Be’, dimenticatevela!
Le sirene che navigano fra le righe dell’omonimo romanzo, scritto dall’autrice statunitense Tricia Rayburn, edito da Piemme e primo capitolo di una promettente trilogia, non hanno nulla a che vedere con Ariel.
Vanessa, diciassettenne insicura e piena di paure, viene improvvisamente privata della colonna portante della sua vita: la sorella maggiore Justine, annegata misteriosamente mentre si trovava con il resto della famiglia alla casa al mare, a Winter Harbor, nel Maine.
Dopo quella notte per Vanessa nulla sarà più lo stesso e il desiderio di fare luce sulla tragica scomparsa della sorella, in seguito anche alla scoperta di alcuni fatti che Justine le aveva tenuto segreti, la costringerà ad affrontare le proprie paure. Ad accompagnarla nelle indagini ci sarà Simon, amico d’infanzia e fratello del ragazzo di Justine, Caleb, scomparso nel nulla dopo la sua morte.
Fatti inspiegabili e personaggi insoliti cominceranno ad affiorare nella vita di Vanessa, mentre i corpi di alcuni uomini del posto riemergono dal mare, privi di vita e con un’inquietante sorriso stampato sul volto.
Cosa sta succedendo a Winter Harbor? Cosa si nasconde nell’oscurità delle acque marine?
Un libro apprezzato, ma anche criticato dai lettori per via del titolo rivelatore. In realtà, pur sapendo che le creature immortali protagoniste del romanzo sono delle sirene, vi posso assicurare che verrete trascinati nelle profondità di questa storia senza però riuscire ad afferrare fino in fondo la vera essenza di questi esseri pericolosi, affascinanti e soprattutto spietati. Ma l’importante, date retta a me, è che loro non afferrino voi!
 Liliana Marchesi

venerdì 13 aprile 2012

LA PASQUA IN 3D. Finalmente protagonisti



L'augurio pasquale ci è arrivato con la notizia dei rincari delle bollette di luce e gas dovuti all'aumento del petrolio. Lo sappiamo tutti che sono cazzate, gli aumenti arrivano perchè le aziende hanno deciso di aumentare, perchè più noi risparmiamo più le grandi compagnie devono compensare la diminuzione dei consumi con l'aumento delle tariffe. Alla fine dei nostri giorni potremmo arrivare al paradosso di pagare le bollette sui consumi a nostra disposizione, non su quelli reali. Pensateci un po', potrebbe succedere come per le tariffe telefoniche: tu paghi un tot e hai a disposizione un tot. Se consumi bene; se consumi di più ti inculiamo appena sfori; se non consumi, il tot lo paghi lo stesso, per stare tranquillo.

Insomma, diciamocela tutta, possiamo cambiare le nostre abitudini come vogliamo ma fino a quando dipenderemo dal mercato non avremo scampo. È inutile che ci mettiamo a fare storie, si stava meglio quando si stava peggio, tant'è vero che adesso che lo stato ha meno spese da sostenere succede l'esatto contrario: è più indebitato e noi paghiamo di più. Il mercato ci è venuto incontro non come la manna piovuta dal cielo ma come un tir che ti entra nel salotto.

Lo so cosa state pensando: ecco il solito comunista. Meglio comunista che babbione. Il mercato te la mette a quel posto, punto. Anche perchè, dicimocelo francamente, a noi piace così: abbiamo sempre avuto bisogno di qualcuno che faccia tutto al posto nostro. Ormai ci è rimasta la sola sopravvivenza più una serie infinita di cazzate che noi chiamiamo minimo indispensabile, dai cellulari all'i-pod, concessi dall'alto per distrarci e darci una parvenza di agiatezza che però, oramai, mostra segni di evidente e inconfessabile decadenza.

Il punto è: dove è finita la decenza? Dove s'è nascosta? Io non so rispondere, so solo che questa Pasqua ci vede protagonisti assoluti del mistero della fede: siamo noi i veri corcefissi, noi siamo nella passione come frustati e inchiodati alla croce di una esistenza ormai insoddisfacente. E però la domanda nasce spontanea: saremo in grado di risorgere, saremo capaci di tornare al cielo oppure Gesù, mentre saliva tra le nuvole, ci mostrava il dito medio in segno di benedizione? E se fosse davvero così?

Buona Pasqua.

martedì 3 aprile 2012

Lo scrittore Alojz Rebula vince il Premio Mario Rigoni Stern 2012

L’Agenzia letteraria Tempi irregolari è lieta di annunciare che ALOJZ REBULA, uno dei nostri autori di punta, ha ricevuto il premio MARIO RIGONI STERNI per il romanzo NOTTURNO SULL’ISONZO (Edizioni San Paolo), splendidamente tradotto da Martina Clerici. Il premio è stato conferito all’Autore a Riva del Garda a coronamento di una serata in cui ampio spazio è stato dedicato alla figura di Rigoni Stern, presenti la consorte, i figli e la sorella.
Giusto riconoscimento ad uno dei massimi autori di lingua slovena, nato a San Pelagio (TS) nel 1924, la cui opera presenta, nel rapporto con la natura, alcune affinità elettive con quella di Rigoni Stern.
Di Rebula, a proposito di quello che è considerato il suo capolavoro, Nel vento della Sibilla, CLAUDIO MAGRIS ebbe modo di scrivere “il romanzo storico – simbolico - religioso (di Rebula) offre una parabola di quel conflitto fra universalità e particolarità, fra unità e differenza che è il conflitto del nostro tempo: il suo personaggio, un barbaro iazigo catturato dai romani (che lo sradicano con violenza dal suo popolo, ma anche lo immettono – attraverso questa barbara violenza – nella classicità e nella cristianità) è la personificazione di quel dissidio fra la singolarità e la totalità. In tal modo il romanzo di Rebula (…) trasforma una tematica di remota origine locale in una metafora del mondo.” In tutta l’opera rebuliana la Storia è momento fondamentale, vera Musa ispiratrice e metafora della contemporaneità. Alojz Rebula è stato infatti testimone dei tre totalitarismi del secolo scorso: fascismo, nazismo e comunismo.
Così il protagonista del romanzo vincitore, ispirato dalla figura realmente esistita di un sacerdote, si trova a fronteggiare questa triplice lotta ed in qualche modo rimane sconfitto per tre volte: dal fascismo che lo confina all’esilio, dal nazismo che lo condanna al lager, dal comunismo che lo uccide. Ma vincitore nella sua umanità e nella sua fede.
Nel corso della sua lunga carriera di scrittore Rebula ha in diversi romanzi fatto ricorso alla Storia quale argomento: Il verde esilio incentrato sulla Figura di Enea Piccolomini, Domani il Giordano che ripercorre il viaggio del popolo ebraico oltre il Mar Rosso, Maranathà ovvero 999, ambientato nell’anno 999 nel luogo simbolo in cui si dice suoneranno per prime le trombe del giudizio: San Giovanni in Tuba in prossimità di Duino, sino all’ultimo romanzo Četerovjce, sulla rivoluzione vandeana.
 Nel romanzo vincitore ampio spazio trova l’altra tematica centrale in Rebula: la fede. Un fede salda e forte, eppure umanissima e poeticissima testimoniata dal protagonista Florijan Burnik. Ma – raccomandando la lettura di quest’opera e, seppure, di difficile reperibilità, della raccolta di novelle LA VIGNA DELL’IMPERATRICE ROMANA pubblicata nel 2011 dall’editore MLADIKA – www.mladika.com – vogliamo ricordare le parole con cui Rebula si richiama a Rigoni Stern e al tempo stesso si definisce, orgogliosamente testimoniando dal sua fede. Rammentando la comune passione per la natura e i boschi (ogni giorno, finché potevo camminare, dopo pranzo andavo nei boschi, che ci fossero o meno funghi ha raccontato Rebula – e rimandiamo alla citata raccolta per approfondire il suo rapporto con la natura) l’Autore ha infatti detto: come Rigoni Stern riconosceva nel bosco un tempio, anche io sento il forte richiamo di questo tempio boschivo, ma a differenza di lui sento che è un tempio effimero. E io voglio un tempio eterno.
Rebula è autore stilisticamente raffinatissimo, vario e ricco nel linguaggio, poetico nell’espressione, rigoroso nell’esposizione del pensiero, non ancora giustamente conosciuto dai lettori italiani; questo riconoscimento e i due volumi di saggistica in uscita sempre per i tipi di San Paolo, saranno certo uno sprone per lettori e prima ancora, ci auguriamo, per gli editori perché approfondiscano una voce importante della letteratura slovena che non può essere ridotta al nome, seppure altissimo, di Boris Pahor, che ci onoriamo di rappresentare, ma che vanta appunto un paesaggio ampio e rigoglioso ricco di numerose vette, molte delle quali ancora inesplorate, di piante mature e di un rigoglioso sottobosco in fermento.
Alojz Rebula, testimone delle tragedie del secolo XX, cantore della Storia, poeta dell’umano. A Lei, carissimo professore, le nostre congratulazioni vivissime e il nostro Grazie per la fiducia dimostrataci.

Stefano Bisacchi

giovedì 15 marzo 2012

Angelo o demone? Liliana Marchesi recensisce "Il bacio dell'angelo caduto" di Becca Fitzpatrick


Apre da questa settimana la rubrica di recensioni dedicata al fantasy della scrittrice YA Liliana Marchesi, grande appassionata ed esperta conoscitrice del genere. Seguendo il suo gusto e le sue emozioni vi consiglierà ciò che più l'ha colpita nel panorama editoriale... ma prepariamoci anche a qualche bacchettata!
Questa settimana ci propone "Il bacio dell'angelo caduto" di Becca Fitzpatrick (Piemme).


Se dico la parola “Angelo” cosa vi viene in mente? Se la vostra risposta è uno spirito divino con boccoli dorati e ali bianche e soffici, significa che non avete letto il fantastico romanzo d’esordio dell’autrice statunitense Becca Fitzpatrick.
Pubblicato in Italia nel 2010 dalla casa editrice Piemme, “Il bacio dell’angelo caduto” è il primo capitolo di una trilogia emozionante, in cui la parola Angelo è a un soffio dal divenire sinonimo di Demone. Nora Grey ha alle spalle un passato drammatico caratterizzato da alcuni angoli bui, ma ciò nonostante prosegue la sua vita concentrandosi nello studio. Almeno sino all’arrivo di Patch, il suo nuovo compagno di banco a biologia. Patch è il classico ragazzaccio dal quale è meglio stare alla larga. Uno come lui porta solo guai, eppure, malgrado Nora sia sempre stata una ragazza attenta e senza troppi grilli per la testa, non riesce ad opporsi a quell’insolita e improvvisa attrazione che prova nei confronti del suo nuovo compagno. Presto le circostanze porteranno Nora e Patch ad avvicinarsi sempre di più, complice anche il fatto che Patch ha uno scopo ben preciso; uno scopo che coinvolge Nora in prima persona. Se il passato di Nora è stato duro e a tratti inspiegabile, il suo futuro sarà anche peggio. Pericoloso, misterioso, sfuggente e inesorabile sarà il destino che l’attende. All’inseguimento della verità, lottando per un amore impossibile.
Becca Fitzpatrick ha saputo dar voce ai propri personaggi, sguinzagliando le loro emozioni fra le pagine di questo romanzo. Emozioni forti e coinvolgenti che vi terranno con il fiato sospeso fino all’ultima riga.
E quando avrete letto questo romanzo, vi posso assicurare che la vostra idea di Angelo cambierà per sempre.




Liliana Marchesi

mercoledì 14 marzo 2012

A chi legge con preghiera di inoltrare anche a chi non legge, affinché qui vi si legga.

Riceviamo – io in particolar modo, poi, che sono qui il più irascibile – sempre più numerose mail di cui cito testualmente due esempi magistrali

1.  Salve dove posso mandare il mio manoscritto? grazie e arrivederci=)

NDR: la firma non è stata omessa, semplicemente non c’era, come pure l’introduzione. La mail era un palese nikname.

2.  Ecco a Voi il mio cv di lettrice.

NDR. La firma è stata omessa, le altre parti no: erano state ritenute superflue dalla mittente.

Per quale motivo, mi chiedo e lo chiedo a voi, dovrei perdere il mio tempo a leggere un qualunque testo – letterario, saggio, articolo o CV – di qualcuno che non trova neppure il tempo per scrivere nel testo di una mail: “Buongiorno, mi chiamo Ugo Foscolo gradirei sapere / inviarvi/rendervi noto …. Saluti.”  Anche se non sono cordiali ve bene lo stesso, ed anche se non  sono distinti, cari, ma via … almeno saluti! Io saluto il mio cane e il mio coniglio prima di uscire di casa! Anche mia moglie, persino dopo averci litigato, magari indirizzandola a quel celebre paese, ma un a saluto lo si fa sempre. Non state scrivendo un blog, e se anche fosse, davvero non riuscite a scrivere nulla di più di quanto riportato integralmente sopra? E ho citato solo due esempi, ricevuti oggi a breve distanza l’uno dall’altro. E poi perché mai “arrivedercise mai ci si siamo incontrati ed a quale scopo dovrei rivedervi se non siete in grado di profferire più di 10 parole?
In epoca di indignati mi indigno anche io: siate educati anche nelle mail, tanto più se è la prima che inviate quella con cui vi presentate … non fatemi un romanzo che mi incavolerei comunque, ma qualcosa che mi almeno mi faccia dire “Oh guarda che persona a modo e cortese. Vediamo se la sua opera ed il suo CV valgono il contenuto di tanta educazione”.

Saluti cordiali, distinti e cari

FIRMATO Stefano Bisacchi

lunedì 5 marzo 2012

I libri e l'arte del sopravvivere di Luigi Traverso

L'attuale disgraziata situazione economica ha creato un tale disagio nelle famiglie italiane che i tagli al superfluo, ma anche al necessario, in taluni casi sono diventati la realtà quotidiana.
Troppo spesso ci imbattiamo in negozi vuoti, carrelli al supermercato sempre meno riempiti, esercizi che chiudono o che provano a stare in piedi con voli di fantasia estremamente audaci.

Questo è il percorso cui ci ha portato lo scriteriato comportamento della Finanza allegra che ha ucciso il potere d'acquisto prima e il risparmio poi, di milioni di famiglie italiane.

Ma non vorrei soffermarmi sulle cause della crisi ormai chiare a tutti, quanto piuttosto a ciò che, in questo momento, si deve continuare a salvare nell'arte dell'arrangiarsi del consumatore italiano del 2012.

Il cibo? per forza. Magari mangiare un po' meno ma più sano, ottimo esercizio per il nostro povero fisico martoriato da ormoni, estrogeni, additivi, ecc.

L'abbigliamento? Solo il necessario, ritornando al concetto abbandonato da tempo del rapporto qualità-prezzo, l'unica carta ancora in mano al consumatore di oggi.

L'elettronica? Vale quanto sopra detto per l'abbigliamento, rinunciando a ricreare nelle camere da letto l'emulazione della sala controllo della NASA.

La cultura? Eccoci arrivati allo spinoso problema. Dobbiamo fare come i governi recenti e considerare teatro, cinema e letteratura come inutili e dannose distorsioni della mente e del portafoglio, da tagliare immediatamente per goderci, al massimo, quelle 12/18 ore quotidiane di passività legate a TV e computer?

Io credo che valga la pena soffermarsi un attimo su questo discorso. E' giusto cassare dal carrello della spesa i libri o dal carrello virtuale di Internet i ticket degli spettacoli?

Persino nell'Inghilterra elisabettiana, dove i poveri erano tanti (e lo erano davvero tanto) e gli ignoranti (quelli veri in quanto non scolasticamente supportati e non quelli di oggi in quanto cerebralmente non supportati) anche di più, i testi shakespaeriani e le loro traduzioni teatrali erano seguitissimi e apprezzati da tutti. Persino nella Cuba castrista di oggi, ai poveracci che per un dollaro al giorno lavorano moltissime ore nel caldo e nell'umidità delle fabbriche di tabacco. viene disposto un servizio di lettori che mitiga la noia attraverso la lettura di classici. E anche nella Francia delle tricotoeuse si alternavano decapitazioni di nobili politici alla lettura degli illuministi. Non so cosa accadrà a Cuba e neanche ai nostri nobili politici ma, senz'altro, l'Inghilterra elisabettiana e la Francia rivoluzionaria hanno regalato ai nostri tempi un mondo migliore.

Non esiste crisi e non esiste via d'uscita alla stessa che non passi attraverso la rivisitazione del passato e del presente con la conoscenza che deriva dai libri e dalla cultura in generale (ma cosa è un'opera teatrale o un film se non la rappresentazione di qualcosa di scritto prima?). Consiglio in tal senso la lettura di "Sopravvivere alle crisi" di Jacques Attali.

Il nostro futuro è abbastanza scritto, si dibatterà tra decrescita felice, ritorno all'economia di produzione e di distribuzione localizzate, abbandono dell'Euro oppure fortificazione politica dell'Unione Europea, economia low cost e via discorrendo. Ma come potremo scegliere la strada giusta e soprattutto il nuovo sistema sociale ed etico (dopo i fallimenti successivi di comunismo e capitalismo) senza la giusta dose di conoscenza? Senza esserci confrontati con saggi, romanzi, poesie, opere teatrali e film che sappiano interpretare nel bene e nel male quello che ci succede intorno? Pensate bastino i programmi contenitore e quelli spazzatura della TV? Oppure i mirabolanti virtual reality games di Nintendo e Sony?

Care famiglie italiane, nel misero budget che tasse e prezzi indecenti ci consentono, grattando il fondo del barile e se proprio non resta più nulla rivolgendosi alle tante biblioteche civiche, lasciate spazio per il cibo della conoscenza. Tanto tempo fa si diceva che fosse la mela. Nel carrello, un libro, non occupa un posto maggiore di mezzo chilo di mele... e in questo momento non è lo spazio nel carrello a mancare.

Luigi Traverso


venerdì 6 gennaio 2012

Agostino Palmisano presenta: "Epifania di paura e patriottismo"

Una befana vista dall'occhio inceneritore di uno degli scrittori più provocatori e irriverenti del web


Nel farvi gli auguri di Natale e felice anno nuovo m’ero preoccupato di far sapere a chi di dovere che mi sarebbe piaciuto ricevere in dono un bel machete, cosa che puntualmente non mi è stata regalata. Ho avuto calzini, mutande e roba così. Uno di quei pochi che s’è preso la briga di leggere l’articolo m’ha poi chiesto il perché di tale bizzarra richiesta. In poche parole cercerò di spiegarmi senza creare equivoci.
Un’arma del genere non mi serve per far strage di chissà chi, magari di nemici personali, di politici all’uscita del parlamento, di imprenditori ladri e schiavisti o cose così. Certo che no, non sono un giustiziere e non ho l’ambizione di divenire un eroe. Perché, pensate solo per un istante, se lo facessi di sicuro sarei visto da tutti come un eroe. Immaginate cosa vorrebbe dire apparire in tv con la testa mozzata di Scilipoti brandita a mo’ di trofeo da me medesimo, magari tutto insanguinato, che urlo Viva l’Italia, che canto l’Inno di Mameli o scempiaggini simili?
No non voglio fare nulla di tutto ciò. Il machete mi serve per arredare la mia misera stanza udinese, tenerla lì in caso ce ne sia bisogno (tipo affettare la playstation in salotto, visto che i miei coinquilini non sanno giocare senza trasformarsi in hooligans arrapati). Oppure il machete potrebbe servirmi per scoraggiare tutti quelli che citofonano dieci volta al giorno, e non è un numero a caso, per dire solamente pubblicità. Ma ci tengo a precisare che li spaventerei soltanto, niente sangue.
Adesso mi direte perché dire tutto questo in un articolo che invece dovrebbe parlare della Befana. Ebbene io non voglio parlare della Befana ma dell’Epifania, l’avvento di un nuovo mondo fatto di pericolo potenziale, l’apparizione rivelatrice della catastrofe imminente mentre tutto scorre come al solito. Quante volte vi siete sentiti dire che questo popolo, ovvero noi disinvolti e menefreghisti cittadini della penisola italica, dà il meglio di sé nei momenti difficili come questo? Io rispondo rigirando la frittata: quale sarebbe il meglio di sé per gli italiani? Quello che sanno fare meglio, cioè evadere le tasse e chiedere raccomandazioni? Oppure, giusto per non essere qualunquisti, il meglio degli italiani consiste nello sfoderare un’inaspettata dignità, un incredibile senso del dovere, un impensabile onestà collettiva?
Insomma, se tutto questo nascesse dalla paura e dal senso del pericolo, potenziale ripeto, allora sarebbe bene che tutti noi andassimo in giro con un machete, magari senza filo e d’alluminio. E con tutti noi intendo gente che anche quando è tranquilla e serena fa il suo dovere, è onesta, è dignitosa (oltre al fatto che sono pure disoccupato). Anche perché poi, diciamocelo veramente, se fossimo almeno un tantino patriottici avremmo deciso già da un pezzo di festeggire il 150° anniversario dell’unità d’Italia comportandoci tutti, almeno per una volta, come gente che ci tiene alla propria nazione. Non ci sarebbe stato bisogno di altro, né parate né mostre né altro. E invece niente, l’anno dei festeggiamenti se n’è bellamente andato in discarica e le cose sembrano seguirlo a ruota.

Ancora Auguri e Buona Epifania … e guardatevi le spalle.


Agostino Palmisano

mercoledì 4 gennaio 2012

"Sigvard. Gli alfieri del tempo" di Rafael Medina

Si può scrivere romanzi fantasy aggiungendo ancora qualcosa di nuovo ai soliti clichet? Certamente, se si possiede sottile ironia e si riesce a creare personaggi fantastici ma con una loro forte e verosimile personalità. E il protagonista di questo romanzo, Ryan Elmorynn, ci parla, prendendo vita propria secondo pirandelliana memoria, fin dalla prefazione del libro. Ci racconta la sua storia e ci travolge con lui nei vortici di un racconto epico sapientemente ritmato e orchestrato, come una sinfonia fantasy.

Vediamo la storia.
Sigvard, il primo vampiro, attende dalla notte dei tempi il momento del duello finale. Nel suo animo malvagio la furia, il dolore e la morte albergano da secoli. Egli è sventura per il genere umano. Pianto per le generazioni passate. Inelut­tabile destino per quelle future. Contro il suo sogno allucinato di potere e dominio si schierano un gruppo di eroi. Hanno trascorso gli ultimi mille anni ad allenare Ryan Elmorynn per opporlo a Sigvard ed il giorno dello scontro è in arrivo. Accanto a Ryan, giovane giornalista e scrittore suo malgrado trasformato in vampiro, si schierano Bersot e la bella Althea, discendenti di un’antica stirpe elfica, creature immortali, alfieri del tempo, capaci di attraversarne a piacimento le pieghe. E poi Krystie-Zea, un drago dotato di una enorme forza fisica e poteri magici. Infine Ray Cobalto, potentissimo mago di razza umana, l’unico che Krystie-Zea abbia mai istruito durante la sua lunga vita. Saranno loro a scortare Ray indietro nel tempo, in pieno medioevo, per iniziare l’addestramento che durerà diversi secoli, fino al momento in cui sarà pronto a sfidare il signore dell’oscurità: Sigvard.
Il finale, benché si abbia la sensazione di poterlo intuire durante la lettura, non è affatto scontato
Sigvard. Gli al­fieri del tempo ci catapulta in un mondo senza tempo, ma dai contorni ben riconoscibili, dalle atmosfere cupe e misteriose. E' testo che strizza l'occhio al lettore con ironiche citazioni fin dal suo incipit e lo coinvolge in una storia avvincente ed epica, in un vortice di fantasia, a tratti poetico, a tratti malinconico. una storia in cui flash-back e presente convivono, fino ad incontrarsi negli ultimi capitoli, in cui gli intrecci si sciolgono e i tanti fili si incontrano in un unico filo conduttore.
Una lettura piacevole e intelligente, raccomandata anche a chi non è un appassionato del genere.

Astrid Pesarino

Sigvard. Gli alfieri del tempo. Arkadia editore

Rafael Medina

pseudonimo di Raffaele Congiu, nato a Cagliari nel 1975 ma vive e lavora a Pisa, dove attualmente svolge la sua attività di chimico specializzato.
Affascinato fin da piccolo dalle materie scientifiche, percorre fino in fondo questa sua passione, laureandosi in Chimica nel 2001 e dedicandosi alla professione nel mondo della ricerca applicata alla decontaminazione ambientale. La scienza, pur essendo parte consistente della sua vita, deve tuttavia convivere con l’interesse che l’autore mostra per l’arte e la letteratura in generale. Sedotto dalla letteratura gotica, dai romanzi fantasy e dai racconti noir e gialli, nonché dagli aforismi di Wilde e dai dipinti di Klimt, inizia a scrivere poesie e racconti brevi, per poi dedi­carsi alla stesura di romanzi. In netto contrasto con la normale vita di tutti i giorni che gli impone un solido legame con la realtà, l’autore si barcamena per riuscire a conciliare al meglio la concretezza della sua vita professiona­le con la sregolatezza e l’intemperanza tipica della fantasia.