venerdì 23 gennaio 2015

Sergio Sozi: Il rovente caso Bežigrad | La casa di carta - Papirnata hiša

Sergio Sozi: Il rovente caso Bežigrad | La casa di carta - Papirnata hiša

Sul Blog di Sergio Sozi trovate un nuovo racconto inedito da leggere e commentare. Un giallo ambientato da Lubiana ... ed è solo l'inizio!

lunedì 5 gennaio 2015

Buon Anno con THE RUNE TRILOGY - I GIORNI PERDUTI di Pierluigi Tombetti

Buon Anno a tutti.
Apriamo il 2015 con il primo capitolo di una trilogia avvincente, ricchissima di colpi di scena, che coniuga perfettamente la fantasia con la realtà, portando il lettore attraverso i misteri del passato, le scoperte tecnologiche più innovative, i siti archeologici dimenticati, i meandri di una lobby che cospira per assoggettare i destini della terra al proprio volere. 

Pierluigi Tombetti
The rune trilogy
I giorni perduti
©Arkadia Editore
ISBN 978-88-68510-329
Pag. 334


Il “Nuovo ordine mondiale” è pronto a conquistare il dominio sull’umanità


Ottobre 1582, papa Gregorio XIII decide di riformare il calendario in uso dai tempi di Giulio Cesare che, con il trascorrere dei secoli, ha accumulato un ritardo di undici giorni. Questi vanno assolutamente eliminati. Ma a essere rimossi non saranno dei giorni qualunque, quanto quelli in cui si sono concentrati fatti così importanti e gravi che potrebbero scuotere dalle fondamenta ogni cosa. Nessuno parlerà più di quei giorni e su loro calerà l’oblio. New York, oggi. La Wright Foundation incarica il dottor William J. Connor di risolvere due enigmi storici collegati al regime hitleriano. Connor, massimo esperto della storia del nazionalsocialismo è una persona dedita al lavoro, tranquilla, ottimista e positiva. Insomma, l’esatto contrario del supereroe. Al suo fianco troviamo la ricca e affascinante Alicia Wright, figlia del proprietario della Wright Foundation. Insieme, mentre sono impegnati nella ricerca del baule perduto del capo delle SS Himmler, dovranno anche svelare i retroscena sull’esperimento nazista ribattezzato Die Glocke, che li porterà nelle viscere del castello di Wewelsburg, in Argentina, a Extersteine e in altri luoghi. Scopriranno a loro spese che l’obiettivo di coloro che li hanno incaricati della ricerca non è la verità, ma impossessarsi di conoscenze e scoperte scientifiche che rivoluzioneranno il mondo, sottomettendolo a un oscuro gruppo di personaggi che progetta un Nuovo Ordine Mondiale e si cela sotto la sigla The rune. Inizia per Connor e la Wright un’avventura epica che li accosterà alle più grandi e insolute questioni della storia umana. Tutto questo mentre il loro operare sarà sempre sotto la lente d’ingrandimento di un personaggio che si muove nell’ombra e tira i fili: l’Osservatore. 


PROLOGO

Luogo del concilium secretum. Villa Mondragone, Roma. 2 ottobre 1582


Nubi nere e minacciose si erano addensate sulla Città Eterna e forti lampi serpeggiavano nel cielo plumbeo annunciando un temporale di insolita potenza. Le prime gocce sferzarono rabbiosamente le vie polverose diffondendo un forte profumo di terriccio bagnato, mentre i romani cominciavano a cercare riparo sotto i tetti o presso le innumerevoli rovine, vestigia di un passato che non sarebbe più tornato, che costellavano ogni angolo dell’Urbe.
Sordi tuoni iniziarono a scuotere le sicurezze delle autorità cittadine che si chiedevano se Dio stesse mandando loro un segno di qualche genere. Poi, l’immensa energia generata dalle masse umide in sfregamento continuo nei cieli si scatenò con fragori e vampe accecanti di impressionante potenza. In poche ore la quantità di pioggia fu tale che il Tevere si gonfiò pericolosamente e non si poterono contare i caseggiati allagati. Il Colosseo, le cui pietre venivano regolarmente saccheggiate per altre costruzioni, osservava impotente e passivo al disastro, come ogni grande monumento la cui gloria era finita insieme ai fasti della città dei Cesari. Ora era una semplice cava, dopo essere stata la residenza fortificata di una delle più grandi famiglie romane, i Pierleoni.
Il volto di Roma era completamente mutato nei secoli a causa delle ferite che il tempo aveva inferto alla metropoli capitolina. Quante cose erano accadute in quelle strade, quante battaglie, quanti trionfi, quanti annunci di sconfitte? Quanti schiavi, imperatori, senatori, gente comune, avevano calpestato i basolati, frequentato i fori, le botteghe, le insule che si innalzavano al cielo come immensi alveari pronti a crollare da un momento all’altro? E quanta sofferenza, energia, sangue si erano profusi nella lunga storia della città? Quella Roma non esisteva più. La Roma imperiale, dei grandi generali, delle legioni vittoriose. Era arrivato il tempo dei secoli bui. E la forza di Roma era divenuta preda delle sue stesse pulsioni, le mollezze del lusso dell’impero avevano provocato una profonda crisi culturale, sociale, etica, indebolendo alle radici l’essenza stessa della città, la sua disciplina, il suo spirito di corpo. Era accaduto poi che ondate di barbari avessero avuto la meglio su una potenza che avrebbe potuto distruggerli facilmente con le sue macchine da guerra, le sue tecniche belliche raffinate ed efficienti, il suo esercito addestrato e preparato da ufficiali e strateghi di valore. Ma la città periva sotto la sua stessa decadenza, tra intrighi di corte, corruzione a ogni livello e violenza.
La Roma di Augusto, di Traiano, di Adriano aveva ceduto il posto alla Roma delle Mura Aureliane, alla Roma assediata dai barbari, rinchiusa in se stessa, sfiduciata. Il potere dei Cesari era caduto e al suo posto era arrivata la Chiesa. I figli e i nipoti dei pescatori della Galilea avevano potuto emergere, si erano diffusi come un’erba rampicante sul tronco dello stato esangue, della res publica, occupando ogni spazio, ogni pertugio e cambiandola per sempre. Abdicando alla originaria missione spirituale abbracciarono una visione temporale del mondo. I senatori, le grandi famiglie le cui ricchezze inestimabili si riversavano nelle costruzioni di edifici religiosi dedicati al nuovo e unico Dio, divennero cristiane. Il mondo romano divenne cristiano. Le sofferenze e la crudeltà dei tempi inducevano a vedere nella Chiesa l’unica ancora di salvezza. E nessuno poteva resistere a quel miraggio.
Ma quelli erano anche tempi in cui era necessaria una energia insolita, tempi in cui il vicario di Dio doveva agire con forza per la gloria del Regno. Erano tempi in cui i santi abbandonavano l’idea dell’edificazione spirituale per dedicarsi a un’opera molto più terrena, corruttrice, diabolica: il potere assoluto.
E quella sera le tenebre scesero presto a causa della spessa coltre nuvolosa ma, a Villa Mondragone, a poca distanza da Roma, i presenti nella stanza non vi facevano caso, come non si curavano della pioggia copiosa e delle saette che martoriavano la campagna circostante, illuminando per brevi attimi l’intero territorio di una luce spettrale.
I convenuti si trovavano in una delle residenze fuori città di Gregorio XIII, duecento ventiseiesimo papa della Chiesa, successore di Pio V. Alle guardie era stato ordinato di tenersi a distanza e di non interrompere in alcun modo il pontefice.
All’interno sette uomini, cardinali tra i più fedeli, accomodati su altrettante sedie con gli schienali intarsiati e foderate di preziosi tessuti damascati. Gregorio XIII occupava un trono di legno dorato e aveva fatto mettere ai lati due seggi per quelli che tutti definivano i suoi “uomini migliori”.
Grandi candelabri e bracieri illuminavano la scena, mentre le ampie vetrate sussultavano a causa del vento e refoli d’aria fredda si insinuavano micidiali, pronti a colpire chi fosse di salute cagionevole. Ma anche questo non sembrava disturbare in alcun modo il concilium secretum.
Il vicario di Pietro era piuttosto anziano. I suoi ottant’anni si facevano sentire, nonostante fosse un uomo vigoroso e granitico. Dotato di una grande cultura, impegnato nella difesa dell’ortodossia, apertamente in guerra contro ogni morbo eretico, era salito al soglio una decina d’anni prima e, giorno per giorno, si era potuto rendere conto dell’enorme responsabilità che gravava sulle sue spalle.
Il manto di porpora e il collare di ermellino bianco, insieme al fuoco del camino, non riuscivano a produrre il risultato che cercava. Era da tempo che non riusciva a scaldarsi, oramai, ma quella sera gli risultava ancora più difficile.
I visi di tutti i convenuti erano segnati dalla serietà, dalla preoccupazione. L’atmosfera che avvolgeva ognuno di loro sembrava prossima a soffocarli. D’altra parte, gli eventi degli ultimi tempi, soprattutto a partire dall’anno precedente, erano stati così importanti, così pericolosi, da mettere in dubbio l’esistenza stessa non solo della Chiesa, ma dell’umanità intera.
Quegli uomini erano lì per trovare una soluzione, per eliminare un problema, forse il problema più grave che mai si fosse presentato a un principe.
Era chiaro a tutti che quello non era un concilium come gli altri. Né aveva l’aspetto di una riunione di alti prelati impegnati in questioni di ordinaria amministrazione. Le loro voci sommesse si mischiavano, si sovrapponevano, ma non si alzavano mai di tono, quasi che il parlare a voce bassa potesse esorcizzare il pericolo. Si erano incontrati varie volte nei giorni precedenti, avevano udito i pareri degli uomini ritenuti più saggi e istruiti che le terre del papato offrivano. Si erano consultati con gli intellettuali, gli studiosi, i professori universitari. Avevano richiesto consiglio ai grandi del tempo, meditato sulle loro risposte, soppesato i pro e i contro. Alla fine la conclusione che avevano raggiunto aleggiava immateriale tra le pareti della sala. Una conclusione che pareva la più ragionevole per tutti.
Il cardinale Guglielmo Sirleto, vescovo di Squillace, cardinale e amico di vecchia data del pontefice, sosteneva la decisione presa a spada tratta.
«Santità», disse rompendo il debole vociare dei colleghi, «ci si presenta un’occasione unica: quella di eliminare dalla storia gli eventi di cui sappiamo… di cancellarli dalla memoria dell’uomo. Nessuno potrà mai risalire a noi perché nessuno potrà mai capire cosa sia realmente successo.»
Gli altri annuirono, mentre Gregorio XIII si limitò a osservarlo con attenzione. Poi, incrociando le dita delle mani, chiese: «Continui…»
«Approfitteremo dell’annuncio che Sua Santità darà al mondo relativo alla riforma del calendario. Approfitteremo del fatto che dal 4 ottobre passeremo direttamente al 15, che in quest’anno Domini 1582, per via della riforma, cadranno dieci giorni del vecchio calendario. In ogni monastero, chiesa, archivio pubblico o privato, tutte le registrazioni datate tra il 5 e il 14 ottobre saranno distrutte, cancellate, emendate. Le transazioni, gli atti di acquisto, quello che sarà necessario salvare per motivi di ordine economico o altro, basterà retrodatarlo a prima del 5 ottobre… o postdatarlo. Lasceremo che ognuno si regoli come meglio crede. Questo non è l’aspetto più importante. Basilare sarà che ogni traccia di chronica historica, degli eventi intercorsi tra il 5 e il 14 ottobre sarà eliminata e, ove questo non fosse possibile per problemi pratici, modificata. Nulla di ciò che è accaduto in questi dieci giorni sopravvivrà se non nel documento che terremo nascosto nel nostro archivio.»
Fece una breve pausa, come a prendere fiato. Quindi, scrutando i volti dei presenti, cercò conferma a quanto aveva appena esposto.
«Al punto in cui siamo ora, non sembrano esservi alternative. A dire il vero abbiamo vagliato ogni altra possibilità. E questa sembra l’unica attuabile», disse uno dei cardinali.
Il papa osservò Sirleto. Era uno dei suoi uomini migliori. Quello che più di tutti pareva aver preso maggiormente sul serio la situazione. E quello che, fra tutti, si era speso di più per trovare una soluzione.
«Siete assolutamente certi che i computi siano stati verificati e siano dunque corretti? Ciò che stiamo per fare avrà gravi ripercussioni nei secoli avvenire. E non solo per le nostre terre cristiane. Gli echi delle nostre decisioni si riverbereranno nella storia futura del mondo.»
«Santità», prese la parola un altro cardinale, colui che era stato preposto ai calcoli matematici, in collaborazione con le menti più illuminate del tempo. «Santità, ho personalmente seguito e supervisionato ogni aspetto del problema e posso assicurarle che ogni cosa è ineccepibile, corretta. La commissione da voi ordinata è presieduta dal matematico bavarese Cristoforo Clavio, professore presso il Collegio Romano, un gesuita il cui sapere è noto in tutta Europa.»
Gregorio XIII annuì grave. La reputazione di Clavio era inossidabile. Nessuno avrebbe mai potuto fare meglio di lui. Su questo punto non c’era da temere.
«È stato coadiuvato dal calabrese Luigi Lilio», proseguì il cardinale, «dal matematico e astronomo siciliano Giuseppe Scala e dal matematico perugino Ignazio Danti. Inoltre altri dotti ed eruditi hanno verificato con precisione l’errore che il calendario di Cesare ha accumulato: già i padri del Concilio di Nicea del 325 avevano fatto notare che, ai loro tempi, la Pasqua giungeva quando il reale equinozio solare era oramai passato da dieci giorni. L’occasione è straordinariamente propizia, dunque. In ogni caso, se non modificheremo il calendario giuliano, la Santa Pasqua cadrà tra pochi anni in piena estate. D’altronde possiamo utilizzare tale scusa per risolvere il nostro “problema”, senza creare controversie, perplessità o sospetti.»
«Certo», si insinuò Sirleto. «Da ogni angolo della cristianità si chiede a gran voce questa riforma. E noi gliela daremo. Prendendo, come si suol dire, due piccioni con una fava.»
«Vi vedo molto concordi», si espresse il pontefice. «E questo mi rende felice. Significa che siamo sulla buona strada. Che lo Spirito divino ci ha ispirato al fine di trovare la soluzione migliore.» Sirleto non sapeva se c’entrasse davvero lo Spirito divino, piuttosto era sicuro che la scienza moderna aveva dato un fortissimo contributo alla loro ricerca.
«Le misurazioni dell’erudito e astronomo Niccolò Copernico, contenute nel libro postumo De Revolutionibus orbium coelestium libri sex», fece infatti rilevare, «hanno fornito una base di calcolo eccezionalmente precisa. In pratica è risultato che il calendario di Giulio Cesare non collima perfettamente con l’anno solare, perché è più corto di 11 minuti e 14 secondi. Di conseguenza, il calendario giuliano accumula un giorno di ritardo ogni circa 128 anni. Ecco perché siamo giunti al punto in cui siamo ora.»
 «Questa è un’occasione mandataci dal cielo», si espressero in molti.
Gregorio XIII li osservò, uno per uno. In quei momenti, nonostante le parole appena pronunciate, non era affatto convinto che fosse stato il cielo a volere tutto ciò, perlomeno non con una notte come quella. Sembrava infatti che le forze naturali si fossero scatenate sopra Roma e, in particolare, su Villa Mondragone. Poteva essere un segno fausto o infausto, o magari solo una coincidenza.
Fece una lunga pausa.
Poi comunicò la sua decisione: «Emanerò la bolla papale Inter Gravissimas, che ho già scritto in buona parte. Per stornare qualunque dubbio ho deciso di pubblicarla datandola 24 febbraio di quest’anno del Signore 1582, in modo che nessuno possa collegare», e dicendolo fece un’ampia panoramica con lo sguardo, «la riforma alla cancellazione degli eventi di cui tutti siete a conoscenza. Ciò che è stato fatto è un abominio. Una violazione delle leggi che regolano la Creazione.»
Si interruppe, come a trovare le parole adatte per proseguire.
«La realtà è che il mondo è stato immerso nelle tenebre più oscure. È stato squassato dalla violenza, dalla morte. Dal male. Ma voi e io saremo gli unici a sapere realmente cosa sia accaduto.»
Un coro di voci si alzò a commentare. Gregorio XIII, non avendo ancora terminato, alzò la mano e tutti smisero di parlare.
«Così è deciso, così sia fatto: sia nominata una apposita commissione che indaghi con discrezione e registri ogni cosa. Non rimanga nulla di questa faccenda. Ciò che deve essere fatto sia compiuto entro una settimana, per evitare che qualcuno faccia domande o nell’eventualità si spargessero voci infondate. E che Dio ci perdoni per tutto quello che stiamo compiendo. Segretario, prendete nota e portatemi il documento che state stilando; lo firmerò e vi apporrò il mio sigillo. Dopo, che cada l’oblio su tutto. Abbiate premura di nascondere il resoconto nell’archivio, laddove nessuno potrà mai consultarlo, se non uno dei miei successori.»
Uno dei cardinali, che aveva continuato a prendere appunti, annuì: «Certamente, Santità.»
Anche gli altri annuirono e scurirono in volto: nessuno osò più parlare. A cominciare dal papa tutti si alzarono e, in silenzio, tornarono ai loro alloggi, profondamente preoccupati.
Il concilium si era concluso nel modo che ci si aspettava. Quanto era stato detto e deciso sarebbe rimasto per sempre segreto. Solo il pontefice avrebbe potuto autorizzare qualcuno o leggere di persona quanto sarebbe stato depositato nei sancta sanctorum dell’archivio segreto della Chiesa.

©Arkadia Editore 2014. Riproduzione riservata.

Pierluigi Tombetti, nato nel 1966, esperto di storia delle religioni, articolista, redattore e scrittore per riviste e case editrici di settore storico e archeologico, è autore di articoli, reportage e saggi. Considerato tra i massimi studiosi del nucleo religioso nazista, è stato consulente e ospite in varie trasmissioni televisive italiane tra cui “Stargate” (La7), “Atlantide” (LA7), “Top Secret” (Rete 4) e “Voyager” (Rai 2). Tra i testi pubblicati: Il Settimo Sepolcro (Eremon, 2009); L’Ombra del Diluvio (Eremon, 2013), Introduzione al Mein Kampf, in A. Hitler, La mia battaglia (Gherardo Casini Editore-Rusconilibri, 2010), L’enigma occulto di Hitler (Arkadia Editore, 2013).

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