martedì 2 agosto 2011

"Un Natale così così". Alessandra Zenarola per la rubrica "Racconti da premio".

Inaugura con un racconto della scrittrice Alessandra Zenarola la nostra rubrica "Racconti da premio", che vuole contribuire a diffondere i racconti più belli premiati o segnalati nei vari concorsi. Un modo per divulgare i lavori meritevoli di scrittori più o meno conosciuti.



 Un Natale così così

Eccolo lì anche oggi, nonostante il freddo pungente e la giornata balorda.
Mimì guarda in alto, l’uomo è affacciato al terrazzino, un angolo di mattonelle rosse ingombro di foglie secche, sgabelli di plastica e un ombrellone a spicchi bianchi e blu per le giornate di canicola.
Ci passa le ore lassù, in canottiera e pantaloni del pigiama anche d’inverno, a fumare e a spegnere le cicche nei gerani della ex moglie.
Quanto litigavano quei due! Lui oltre ai polmoni danneggiava le piantine che la moglie concimava ogni martedì, e i litigi squassavano l’intero condominio.
Così l’uomo prese a buttare le cicche ancora incandescenti nel pozzo del cortile, un pozzo antico ribattuto in ferro dove la luna non si specchiava mai.
Mimì se lo ricorda bene, le cicche galleggiavano sull’acqua torbida come meduse morte e lei restava delle ore imbambolata a guardarle, finché qualcuno del palazzo protestò perché dal pozzo saliva un odore nauseabondo di gomma bruciata e di intossicazione potenziale.
Si tenne persino una riunione condominiale per discutere il fatto, ma gli unici a non partecipare furono proprio l’uomo del pozzo e Mimì, lui per indifferenza, lei per antipatia verso la portinaia.
-Scusatelo tanto- si giustificava la moglie davanti a tutto il condominio intervenuto in pompa magna -è, come dire, un po’… svagato-
E la questione si era chiusa lì.
Non lo si vide più sul terrazzino, fumava dentro, in casa,  aspirava la sua sigaretta fino al filtro e poi soffiava sulla brace. Gli restavano in mano i mozziconi, l’uomo se li ficcava nelle tasche del pigiama fino a formare un bel mucchietto.
Ma un giorno accadde che la lavatrice vomitò acqua marrone e un fiume di vermetti rattrappiti, l’idraulico annunciò che ormai la lavatrice era da gettare al macero e la moglie decise che quel tizio che casualmente era suo marito, faceva danni più dell’atrazina.
-L’è proprio matto!- sibilava la portinaia alle signore con le sporte della spesa, e intanto si picchiava il dito sulla tempia.
Mimì non commentava mai, matti sono gli uccelli che volano nel buio, matti sono i signori che leggono il giornale sopra l’autobus, è matta sua sorella Miranda che ha cambiato mariti come si cambia le mutande, matti sono i lavoratori, le mamme col poppante in braccio.
Matta era lei che consumava l’esistenza immersa in una solitudine feroce.
Sola. Una parola che spaventa, peggio di un mostro a quattro teste.
Sì, se ne sono andati tutti, parenti amici fidanzati, morti stecchiti, saliti sopra un treno con il biglietto di sola andata, travolti da una bufera di neve, soffiati via dal maestrale, arsi vivi dall’estate più torrida del secondo millennio.
Mimì-che-non-ha-più-nulla-da-perdere.
Lei, un tempo bella come un sole d’agosto.
Alza lo sguardo e vede l’uomo lassù, sul terrazzino con la sua eterna sigaretta in bocca.
-Buon Natale!- vorrebbe urlargli dalla finestra, ma ha paura che lui la prenda per sfacciata.
Tra loro troppi muri e balconi, e luci intermittenti, l’aroma dei cotechini e delle salse verdi e i minuscoli babbi natali appesi alle grondaie. Un mondo in festa, tra poco inizieranno le danze e negli appartamenti riscaldati e lucidi, uomini donne e bambini si scambieranno baci e tenerezze, e forse qualche insulto ricacciato in gola tutto l’anno.
-Buon natale signorina Mimì-
La portinaia a mezzogiorno pareva uscita dalla pubblicità di un dentifricio, garrula e luccicante.
-Anche a lei-
Via, correre su di corsa per le scale, tapparsi in casa e isolarsi dal mondo, ma l’altra con il collo di pelliccia finta e un sacchetto di immondizie in mano, incalzava a più non posso.
-Signorina Mimì, non mi dica che passa il Natale tutta sola?
Sì, certo, Natale sola, come la befana la quaresima e ferragosto. Embè?
E’ scappata via, ha chiuso la porta con il catenaccio, ha aperto il frigorifero. Una calotta polare e qualche avanzo, mezzo stracchino, la pasta al forno cucinata l’altro ieri, due porri e una bottiglia di limoncello semivuota. Un Natale da ricchi. Quelli di sopra ridono e fanno tintinnare i bicchieri, Mimì ha già acceso la televisione.
Per noia si affaccia nuovamente alla finestra, il cielo si è dipinto di un grigio livido e compatto, l’uomo lassù fuma e non si sa cosa ne faccia delle cicche.
Avrà qualcosa da mangiare?... pensa Mimì.
L’uomo del pozzo muove un cenno di saluto con la mano libera ma lei ha già distolto gli occhi. E forse è un bene perché lui un poco si vergogna di mostrarsi in pigiama e canottiera, per giunta il giorno di Natale.
Si erano preoccupati anche quelli del Centro, dove lo passi il Natale e con chi?
-E cosa vuoi che me ne impippi a me?-
Il Natale è la festa dei bambini, degli industriali e delle prostitute che almeno per un giorno si riposano. Forse. A sua moglie il Natale metteva l’angoscia e per sconfiggerla comperava un mucchio di sciocchezze, ora che se n’è andata a vivere con un cugino poliziotto non c’è nemmeno più bisogno di addobbare l’albero e di innaffiare le piante.
Al Centro hanno festeggiato ieri, la vigilia, c’erano tutti, medici infermieri e parenti. Rosetta e la Malvina si erano occupate delle decorazioni, Albino della musica, gli altri in cucina a spadellare.
Lui no, esonerato speciale per raggiunta anzianità, e gli altri erano scoppiati a ridere. Sei mica vecchio tu, sei solo pigro.
Non era affatto pigro, da tempo si era ricavato una cuccia all'interno delle sue malinconie e vi passava tutta la giornata.
Non aveva più stimoli di sorta,  mangiava poco, telefonate o lettere gli rompevano le scatole e la compagnia di una, cento o diecimila persone gli dava la stessa gioia che succhiare un gelato al limone in pieno inverno.
In compenso succhiava le pasticche che l’infermiere gli piazzava sulla mano, una due tre colorate e gommose. Una sorsata d’acqua e via la depressione e i pensieri molesti.
Col cavolo, l’uomo inghiottiva le sue pastiglie rubiconde solo per non deludere la dottoressa Clarabella con la sua voce da flauto e le sue chiome fiammeggianti, ma l’umore restava più cupo della notte.
Comunque non era stata una brutta vigilia, al Centro si era creata una discreta allegria, alcuni avevano ballato e alle sei in punto era arrivata la pizza, croccante e profumata, in due teglie quadrate. A lui era venuto da polemizzare senza volere offendere nessuno, perché la pizza da che mondo è mondo ha una forma rotonda.
Sarebbe come disegnare una luna ovoidale o costruire una casa tra le onde dell’oceano, inoltre la pizza era farcita con le acciughe e i capperi, che a volere essere sofistici non si adattano proprio con la mozzarella.
Lasciò correre.
Baciò la mano alla dottoressa Clarabella e tutte le altre donne sulle guance. Una del gruppo, piccola e volgare come una bocca pitturata di nero, gli disse che puzzava di fumo ma lui fece spallucce e tornò a casa nella notte senza stelle.
Assopita sul divano. Che ora sarà? Mezzogiorno, le due del pomeriggio, le quattro del mattino?
In sottofondo il suono flebile del campanello, Mimì si solleva svogliatamente, davanti alla porta dondola timido il figlioletto della dirimpettaia, la sudamericana che vive di canzoni e amori da ringhiera.
-Ciao- dice Mimì-
-Ciao. Ho il panettone per te, me lo ha dato la mia mamma-
-Grazie- farfuglia Mimì.
Sono in tanti loro, una marea, quando fa buio aprono le finestre del salotto, accendono le micce e il condominio si trasforma in un gioioso baraccone, escono anche dagli altri appartamenti tutti in coro sui balconi ad applaudire, tranne l’uomo lassù che sembra nato per essere il bastiancontrario. Gli altri fuori lui dentro, lui fuori gli altri dentro.
E’ corso via, il bimbetto le è sgusciato dalle mani mentre lei gli allungava una carezza.
-Buon Natale- mormora Mimì, e richiude la porta.
Spalmato sul divano, la cenere cade sul collo e sulla canottiera. A stare fuori su quel terrazzo stupido gli si sono congelate le dita e la punta delle orecchie.
Sarà anche l’ora di alzarsi, mettere una pentola di acqua sul fuoco, gettargli dentro un dado e qualche spicchio di cipolla e sedano e cucinarsi un brodo come Dio comanda.
Deve buttare via la cicca, in casa non ha più nemmeno un portacenere, tutti nascosti e buttati via dalla moglie prima che se ne andasse. Per dispetto e per chissà quale vendetta, benedetta donna…
Eccola lì quella del terzo piano che stende i panni sul balcone microscopico con le mollette colorate. Tipa stramba, saluta a stento e non si sa che vita meni.
-Buon Natale!-
Gli è venuto spontaneo, così.
Al Centro dicono che socializzare fa bene alla salute, che bisogna uscire, frequentare le persone, invitarle a bere il tè, ma se le persone uno non le ha dove va a raccattarle?
Mimì alza la testa, l’altro si sporge dal terrazzo e stanno lì a guardarsi come due cani chiusi nel recinto.
-Anche a lei- risponde Mimì tanto per darsi un tono.
-Allora, lo mangia o no il panettone?- fa lui con tono frivolo.
-Come fa a sapere che mi hanno regalato il panettone?-
L’uomo rimane lì perplesso con la sigaretta appiccicata al labbro. Infatti non lo sa, ha tirato a indovinare.
-Beh, sarà per via che è Natale, e un Natale senza panettone è come cucinare la carbonara senza gli spaghetti-
Sarebbe una metafora? Si domanda Mimì che comincia a trovare simpatico il signore che butta le cicche nel pozzo.
-Lei ce l’ha in casa una bottiglia di spumante?-
Hai voglia bambina, io ci facevo il bagno dentro lo spumante, e ogni domenica dentro lo champagne.
-Ora controllo- dice l’uomo e va ad aprire la dispensa. Certo che ha lo spumante, persino il vov e la grappa di prugne
-Se si accontenta di un prosecchino…-
-Magnifico- esulta Mimì ma si contiene per non sembrare sguaiata. -Io se vuole ho della roba nel frigo, niente di eccezionale, una fettina di arrosto, un formaggino, insomma ci si adatta-
Si è spalancata una finestra al primo piano, esce la portinaia con addosso una maglietta orrenda ornata di pailettes.
-Dico io, la finiamo con questa pagliacciata, non siamo mica a teatro qua, eh? O va su lei o scende il signore, però smettiamola di fare baccano!-
Da sganasciarsi dalle risate. Il sermone natalizio, il bignamino della buona educazione.
-Allora cosa fa, scende?- urla Mimì all’uomo delle cicche.
-Sicuro!- grida lui ormai euforico.
E getta via la cicca, che vola e plana simile a un aquilone rosso e forma una parabola e finisce dritta dritta dentro il pozzo. Lo dicevano sempre i suoi amici che ha una buona mira.
Mimì ha tirato fuori i bicchieri di cristallo, vecchi e sbeccati ma brillano sul lavandino come ciottoli da fiume.
Buon Natale, dice tra sé e sé, e dentro al cuore le si allarga una macchia di felicità.


Racconto classificato tra i primi 15 finalisti al concorso I quasi adatti e pubblicato in un'antologia con i racconti finalisti.











   





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