mercoledì 30 novembre 2011

Diletta Fabiani per Racconti da premio: "Sete"

Oggi vi proponiamo un racconto arrivato secondo al concorso "Piccolink 110 e Lode", edizione 2009, organizzato dal giornale Il Piccolo di Faenza. La nostalgia e l'amarezza di una storia d'amore finita in lievi ma intensi schizzi. Tocchi poetici  di una scrittura scarna che sa raccontare l'amore senza sdolcinature.







SETE

di Diletta Fabiani


<< Come sai tutte queste cose di me? >>
Appollaiato su un alto sgabello, immerso nella luce di miele del locale, Rico le aveva sorriso divertito.
<< So sempre molte cose sulle persone interessanti. >>
La sua stessa sfrontatezza l'aveva sorpresa. L'aveva fissato mentre ridacchiava ancora e sorseggiava birra, l'aveva rubato con gli occhi.
Attraversando la strada, mani le avevano nascosto il mondo.
Mani che conosceva. Ne aveva tastato gli anelli, le unghie un po' mangiate; ne aveva sentito i calli ed il vago odore di fumo e fazzoletti alla menta; aveva proseguito la corsa lungo i polsi, incontrando un braccialetto di pelle, un orologio.
Conosceva quelle mani. Da mesi. Da mesi ci girava intorno.
<< Vuoi fidarti di me? >> le aveva sussurrato all'orecchio Rico.
Aveva camminato cieca sulle strisce in mano a lui.
<< E se io adesso volessi dormire con te? >> le aveva chiesto, mentre la osservava dal basso della sua brandina.
Nel suo letto lei era rabbrividita. Nonostante il caldo, nonostante le finestre aperte sull'estate e sul traffico all'esterno e sulla musica troppo alta di qualche festa nei paraggi, aveva tremato d'anticipazione.
Lui la guardava nel buio ed i suoi occhi splendevano come le Pleiadi, tinti di una sfumatura di furbizia. Era salito sul suo letto come un gatto e lei si era schiacciata contro il muro, ogni respiro diventato improvvisamente faticoso e rovente.
Una pioggia di baci le era caduta sul viso, sulle spalle, ovunque.
A volte Vienna sa che non funzionerà per sempre. Lo capisce dai subitanei scatti d'ira, dalle urla di volta in volta più forti, dagli oggetti occasionalmente lanciati e sbattuti.
Lo capisce dalle occhiate alle altre donne, quelle più magre e più alte e più belle.
Lo capisce dai momenti rubati al loro tempo in favore di cose improvvisamente più importanti.
Ma a volte Vienna preferisce non parlare.
Come un sogno al limite della veglia, tutto è una magia così fragile.
Ci sono notti in cui il cielo è semplicemente perfetto, in cui tutta la vita è semplicemente perfetta.
Ci sono notti in cui il torace di Rico è caldo contro la sua fronte, notti in cui braccia intorno al suo corpo la fanno sentire protetta ed adorata; notti in cui ogni movimento è un'onda di piacere, una vibrazione di estasi; notti in cui le parole non sono mai abbastanza e nessuna parola è indispensabile di fronte a quegli occhi così belli.
Ci sono notti in cui Vienna non riesce a dormire e guarda Rico, lo osserva ancora ed ancora ed ancora. Ci sono notti in cui l'alba tarda a venire e le ombre indugiano sul corpo di lui, trasformandolo in mutevole tela.
Ci sono notti in cui la sete di lui sembra non avere mai fine.
“Cristo, Vi! Io non lo so come cazzo faccio a stare con te!”
Le parole fanno male, quel posacenere buttato a terra fa male. Quella sottile polvere grigia è un brutto presagio, esplode in una nuvola e ricopre tutto quello che incontra in una corsa verso l'oblio.
Rico impreca di nuovo tra i denti, ma poi alza lo sguardo su di lei e possessivamente la tira a sé e la stringe, la stringe come se non ci fosse un domani; quelle mani che ha sempre conosciuto così bene le affondano nella nuca, nelle scapole, tra i capelli, un dolore che è un tormento e che è dolcezza.
Non tenermi mai lontana da te.
Vienna non parla, Vienna tace, le parole le rimangono morte in gola ma la verità è quella.
Non ci sono altri posti in cui voglio stare.
Un muretto di pietra sotto il suo sedere, un bacio rubato a fior di labbra. Una mano casualmente appoggiata alla sua gamba, il gesto intimo di un amore che non ha bisogno di conferme. Un cuore insieme ad un altro cuore, semplicemente, come gli elementi di una costellazione nella loro figura nel cielo.
Voglio stare qui per sempre.
Sotto le stelle, continuamente sotto le stelle, tutti i suoi ricordi sono ammantati del blu della notte. Ogni singolo particolare splende, irrimediabilmente brillante.
Voglio amare solo te per sempre.
Vienna lo sa, l'ha sempre saputo.
Eppure tace, tace. Silenzio, ancora silenzio, perché a volte non c'è risposta migliore, perché a volte comunque nessuna parola è utile e quindi è meglio tenersele, non sprecare tempo per parlare ed osservare e basta.
Non importa quello che Rico sta dicendo. Parole che dipingono una fine. Parole banali, parole che conosce. Non c'è modo di evitarle, Vienna ne è consapevole, da tanto.
Vienna guarda Rico perché non vedrà più niente di così caro ed amato per lungo, lungo tempo. Guarda Rico ed in ogni poro della sua pelle ci sono tutti i loro momenti, la costellazione della loro vita insieme, c'è un desiderio che spilla, acqua da una fonte inesauribile che sgorga e sgorga e sgorga, fredda come ghiaccio, desiderio nelle mani.
Nel tuo cuore, come puoi smettere di amare il ricordo di chi hai amato quando lo amavi?
Di te avrò sempre sete.


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