martedì 16 dicembre 2014

Pubblichiamo un capitolo del romanzo BLOODY ROME. RICORDI DALL'EPIDEMIA Z di Agostino Palmisano

In occasione della presentazione, il prossimo 17 Dicembre, a Lecce (libreria Bookish in Via Cesare Battisti 22, in associazione con l'Associazione Arcadia Lecce) del libro di Agostino Palmisano BLOODY ROME. RICORDI DALL'EPIDEMIA Z (Arkadia Editore, 2014 pag. 136) e dell'uscita dell'edizione ebook, pubblichiamo un assaggio del romanzo, un giallo-horror in cui l'autore si dimostra capace di mantenere uno sguardo lucido e critico fisso sulla realtà e sulla società in cui viviamo. 

L’ispettore Marcus Conti Perez lavora in una Roma post-epidemia sanificata grazie al vaccino che immunizza dal Solanum, il terribile virus che ha riportato in vita i morti e che per poco non ha spazzato via l’intera umanità. Il vaccino ha funzionato, ma a lungo termine gli effetti collaterali potrebbero essere peggiori della piaga. Anche Marcus, attraverso la lenta necrosi della gamba, comincia a subirli. Intanto però la “vita” continua e, mentre gli zombi veri, “i rossi”, sono scomparsi, la popolazione umana al di sopra dei vent’anni si è trasformata in qualcosa di diverso. Nella Città Eterna, Marcus viene chiamato a indagare su uno strano caso: una stanza d’albergo colma di cadaveri che, apparentemente, si sono sbranati a vicenda. Eppure dovrebbero essere tutti immuni dalla malattia. Comincia da qui la difficile ricerca di una verità che lo porterà a scoprire una terribile organizzazione intenta a diffondere una versione del Solanum potenziata e ancora più letale. Tra colpi di scena, azione e depistaggi, una storia emozionante, intensa, che rivela un personaggio molto particolare, assolutamente fuori dalle righe, in un’atmosfera dalle tinte cupe e apocalittiche. Con Bloody Rome si inaugura una trilogia di romanzi ambientati nel mondo dei “non morti” e di una civiltà stanca e depressa che tenta di tutto per sopravvivere.

AGOSTINO PALMISANO

BLOODY ROME
Ricordi dall'Epidemia Z

©Arkadia Editore 2014

foreign rights handled by Tempi Irregolari

pag. 136




CAPITOLO 7 

Il mondo fa schifo e non c’è affatto bisogno degli zombi per dimostrarlo. Anche prima dell’epidemia non è che le cose funzionassero granché: le varie propagande governative sono tutte concentrate a farsi guerra psicologica a colpi di stupidaggini insulse come benessere, speranza, gioia. Addirittura c’è chi va oltre e parla di fratellanza tra i popoli e uguaglianza fra i cittadini. Demenzialità.
La storia della fratellanza è stata la cosa che ha destato le maggiori perplessità. Di per sé la fratellanza è un concetto ridicolo, inesistente e soprattutto inefficace. Tutte le volte che si è tirata in ballo la fratellanza la si è accompagnata con le armi o quantomeno, nei casi meni importanti, si è sempre messo in gioco il caro amato odio, verbale, ideologico, politico.
L’odio è di certo l’oppio dei popoli. Fai scattare la scintilla, rendi l’odio sacrosanto, e tutti ti seguiranno. L’odio è la cosa più bella del mondo, ti rimette in comunicazione con la natura, con l’universo. Nessuno di noi si è mai tirato indietro quando si è trattato d’odiare. E chi lo ha fatto è perito di conseguenza, chi mostra assenza d’odio è automaticamente odiato, deve morire. L’uomo è intriso d’odio, di sesso e di odio. Ma mentre il sesso è quanto meno considerato un istinto irrinunciabile per la sopravvivenza della specie, l’odio è sempre stato ammantato di un’ipocrita patina di negatività.
In realtà tale patina è stata inculcata dai potenti, da chi comanda, perché l’odio è un’arma troppo efficace per farci giocare chiunque, soprattutto i servi. Devono essere loro a scatenarlo, devono essere loro a guidarlo, e tutto questo per il piacere sessuale di gestire il mondo, la voglia irrinunciabile di sodomizzare le masse, violentarle attraverso la violenza che esse esercitano su loro stesse. Chiunque godrebbe, avrebbe orgasmi multipli se solo avesse la possibilità di scatenare e guidare dei massacri tra poveri. Cosa che succede puntualmente nelle guerre: esercito contro ribelli, militari contro militari, servi contro servi, poveracci contro poveracci. Napoleone era un figo della madonna.

Esistono vari tipi di fratellanze. Quella delle minoranze sessuali non è la più innocua. Si uniscono e creano comunità, si affratellano e commettono reati alla pari di coloro i quali si affratellano per la religione. In questo caso non si tratta di minoranze bensì di intere nazioni e continenti. E la religione è il più facile veicolo d’odio che si possa immaginare perché la scusa è forse la migliore: lo si fa in nome di Dio. E se c’è un dio di mezzo, uno qualsiasi, potete fare quello che volete, le dighe della morale esplodono e un mare d’odio distrugge tutto.
Anche nella lotta agli zombi è stato tirato in ballo sua santità eccellentissima e illimitatissima, Dio in persona, non uno in particolare, ma quello che più faceva comodo alla comunità di turno. Per tutti, gli zombi sono manifestazione del maligno, demoni reincarnati, punizione divina per i peccati del mondo. Logicamente in questo la cristianità ha potuto sfoderare tutto il suo arsenale settario con apocalissi varie, suicidi di massa e alieni redentori di sorta.
Nel biennio più oscuro, dal Duemilatré al Duemilaquattro, l’odio per motivi religiosi, imbrigliato in odio verso un nemico comune, ha potuto comunque deflagrare in manifestazioni altre, verso un altro tipo di zombi, ovvero i barboni. Sono stati accusati di veicolare il virus, di trasmettere disagio e paure ulteriori. Insomma, si è proceduto a sterminarli. Ogni notte ne sono stati massacrati a decine, centinaia, in tutte le città del mondo. In Russia sono nati gruppi paramilitari clandestini, denominati Uomini contro la Peste, che di notte se ne sono andati in giro a bruciare i barboni a tiro. In Francia ecco i Gruppi di Forza Superumana che, alla solita lista di prede, hanno aggiunto anche qualche rom, pusher e tossici ritrovati sballati per strada. Negli Stati Uniti è tornata alla luce la fratellanza ariana del Ku Klux Klan, i cui membri, con la scusa della caccia al barbone, si sono sfogati finalmente contro la maggioranza nera. Anche perché in quel paese la maggior parte dei barboni sono proprio neri e messicani.
In Italia sono tornati i fascisti, in Spagna i franchisti, in Gran Bretagna il Fronte Nazionale ha acquisito rispettabilità mentre in Germania sono riapparsi i nazisti. Tutti travestiti da gruppi di cittadini contro il pericolo dei non vivi. Per farla breve, quegli anni sono stati violenti e lugubri, in compenso le principali capitali turistiche del mondo sono tornate a essere sgombre di ruderi umani nelle zone più pregiate. Da ogni dove sono stati spazzati via i vecchi relitti puzzolenti che per troppo tempo hanno sostato davanti a vetrine ed esercizi commerciali nelle zone più centrali, immonde sanguisughe ubriache stese sui marciapiedi a due passi dai salottini borghesi e aristocratici di mezzo mondo, veri bacini di raccolta di un ben più pericoloso genere di zombi, gli zombi ricchi e sfruttatori.

In questo periodo di terrore il nostro Marcus Conti Perez è in prima linea nella lotta contro il Solanum. Ignazio è appena stato sbranato e a lui sono state imposte due settimane di ferie per riprendersi dallo shock. Ma una volte terminate, subito per strada di notte a vigilare e abbattere, routine per la squadra anti-zombi. Il suo nuovo compagno è un tipo sconclusionato di origini maghrebine, Said Nervi Aouita, fresco di accademia, che non la smette mai di parlare di donne. Ha una fissa inveterata per le bionde: biondine, biondone, biondazze affollano i suoi racconti pepati in cui lui non lascia mai scontenta nessuna.
È una placida notte settembrina e l’autunno comincia ad affacciarsi con una pioggerella snervante. I due se ne stanno tranquilli in auto con Said tutto concentrato a descrivere una polacca quarantenne che gli ha dato il numero di telefono mentre erano al bancone di un bar a bere ognuno per i fatti propri.
«Ti dico che me lo ha dato senza nemmeno parlarmi. Ha finito il caffè, ha messo le mani in borsa, ha preso carta e penna, ha scritto il suo numero, se n’è andata sorridendomi e porgendomi il pezzo di carta. La dovevi vedere, una biondona assurda, un petto così.»
Per fortuna ci pensa la radio a gracchiare e a interrompere l’ennesima menata: «Pattuglia 21, pattuglia 21.»
Marcus risponde solerte, finalmente salvo da quella tortura di idiozie: «Grazie a Dio, qui 21. Che c’è? Passo.»
«Portatevi su Nuova Piazza del Popolo, ci sono stati segnalati movimenti sospetti. Cassonetti in fiamme ai piedi dell’obelisco.»
«Andiamo subito. Passo.» Mette in moto e si lancia senza esitazione.
Said ricomincia il suo ciarlare vacuo: «Voglio sapere chi si mette a dar fuoco ai cassonetti stanotte, con questa pioggia.»
«Svegliati latin lover, non sono davvero cassonetti, è qualche barbone.»
«E perché ha detto cassonetti?»
Marcus: «Perché viene tutto registrato. Così se un giudice del cavolo si mette a indagare non risulta che noi tolleriamo certe cose. Quando arriveremo non ci saranno altre pattuglie. Solo noi che dovremmo spegnere il tizio e caricarlo in auto e portarlo in obitorio.»
«E nemmeno un’ambulanza?»
«Meno gente in giro c’è e meglio è.»
Quattro minuti dopo la mezzanotte, due dopo la chiamata dalla centrale, Nuova Piazza del Popolo li accoglie con tutta la sua grandezza desolata. Un deserto in una città sotto coprifuoco.
Ai piedi dell’altissimo obelisco centrale due fuocherelli stentati diffondono un leggero odore di pollo arrosto. Marcus parcheggia a pochi metri da loro. Una cosa non va, uno dei due si muove ancora.
«Maledizione, quei coglioni non sono buoni a fare niente.»
«Ma chi è stato?»
«Ma tu finora dove hai vissuto, su Marte?»
«In accademia mica arrivano ’ste notizie, si parla solo di legge, procedure ufficiali, di dispositivi di sicurezza. Di barboni in fiamme no.»
«A Roma ci sono gruppetti di neofascisti che si sfogano così. Pescano qualche barbone in giro per la città, li riempiono di botte, poi vengono nelle zone centrali, in luoghi importanti, e gli danno fuoco, così il giorno dopo i giornali parlano della cosa. Voi non leggete i giornali in accademia?»
«Io no, io penso solo alle bionde.» Il ragazzo non è per niente scosso dalla scena, è esterrefatto, incuriosito, come un bambino davanti a un nuovo giocattolo pericoloso.
«Appunto. Allora visto che queste cose non ti scioccano per niente, adesso vai fuori e gli spari un colpo in testa.»
«Non ci penso nemmeno. Una cosa è uno zombi, un’altra cosa è un essere umano normale, anche se è un barbone. Fallo tu.»
«Io non lo faccio per principio, non sono una bestia.»
«Non ci penso nemmeno. Una cosa è uno zombi, un’altra cosa è un essere umano normale, anche se è un barbone. Fallo tu.» 
(.......) 

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