lunedì 22 dicembre 2014

Auguriamo un Buon Natale a tutti con un brano tratto da LA SCUOLA DELLA NOTTE di UGO RAMPAZZO

Pubblichiamo un brano tratto dal capitolo terzo del giallo storico pubblicato da ARKADIA EDITORE:

LA SCUOLA DELLA NOTTE 
di Ugo Rampazzo 
Eclypse 41
ISBN 978-88-68510-23-7
Formato cm 14x21
Pagine 128

Primo titolo di una progettata serie di cui uscirà nel 2015 un nuovo episodio, il romanzo racconta l'indagine su un omicidio d'eccezione condotta da un investigatore d'eccezione nella Londra di Elisabetta I.
Il romanzo è in vendita nelle librerie e sui pirncipali siti on line, anche in e-book.

 Christopher Marlowe, detto Kit, poeta acclamato, ma anche libertino impenitente, accusato in passato di sodomia e ateismo, muore assassinato a causa di una pugnalata in un occhio. Le indagini vengono chiuse velocemente e il presunto omicida rilasciato. Tanta fretta non convince il collega, amico e rivale di Kit, il coltissimo John Florio. Nel clima torbido delle guerre di religione, della rivalità tra i favoriti di Elisabetta I, in una Londra resa ancora più fosca dalle lotte di potere tra i partiti di Lord Cecil e del conte Leicester, tra massoneria e misteriose confraternite, John Florio giungerà a scoprire una verità sorprendente e a conquistare la Dark Lady, Amelia Bassano, figura enigmatica e musa ispiratrice di Marlowe. La scuola della notte è il primo episodio di una serie di romanzi che hanno per protagonista un investigatore e avventuriero d’eccezione: John Florio, un esule italiano, scrittore e traduttore di altissimo profilo del periodo elisabettiano, la cui personalità complessa potrebbe celare il vero autore delle opere comunemente attribuite a William Shakespeare.


CAPITOLO TERZO 

(...)

Eleanor Bull, la vedova di Deptford nella cui casa era avvenuto l’omicidio di Marlowe, tirava avanti affittando a ore due sale del pianterreno della sua dimora a una ristretta cerchia di conoscenti per cene e riunioni conviviali in cui, aiutata dalla sua servetta, offriva a pagamento i suoi servigi di cuoca. Non aveva una regolare licenza e doveva esercitare la professione in modo quanto mai discreto. In realtà non aveva molto da riferire sull’incidente. Rammentava perfettamente quanto avvenuto quel giorno, ma era entrata nella sala dove i quattro uomini banchettavano quattro o cinque volte, solo per portare birra, vino e vivande. Rispondeva senza reticenza alle domande e non sembrava avere nemmeno troppa fretta di liberarsi dell’elegante signore che era venuto a titolo personale a informarsi sui fatti di quella tragica giornata. La sua clientela abituale di mercanti, artigiani e piccoli funzionari statali non era così raffinata come avrebbe voluto che fosse e ambiva elevarsi. Era stata subito attratta dai modi cortesi, dal bel volto abbronzato, incorniciato dai ricciuti capelli neri dello sconosciuto. Era proprio il tipo d’uomo con cui si sarebbe tolta volentieri un capriccio. Era ben vestito e pulito, aveva spalle larghe e vita sottile e quando incontrava il verde mare dei suoi occhi penetranti e maliziosi, si sentiva quasi sciogliere di desiderio. I garbati complimenti che le rivolgeva con una voce calda e suadente, avevano del tutto infranto la sua studiata ritrosia e il suo contegnoso riserbo.
 «Dunque milady Eleanor, a parte i naturali commenti sul cibo e, di certo, sulla vostra avvenenza, avete udito altri brani di conversazione dai vostri clienti?», chiese John con aria delusa.
«In verità no, ma forse non ci ho badato più di tanto. Sapete, non mi intrometto mai nei colloqui privati dei frequentatori della mia casa e non m’impiccio dei loro affari», rispose la donna facendo mostra di grande scrupolo professionale. «Tuttavia, pensandoci meglio, qualcosa potrebbe venirmi in mente. Ho buona memoria e qualche brano dei loro discorsi l’ho sentito. È solo una questione di tempo e quello non mi manca, ohimè.»
«Fate con comodo milady», disse John con un sorriso, accorgendosi dell’ora oramai tarda. «Tornerò a farvi visita domani o quando più vi farà comodo.»
«No, no, non è necessario!», fece allora la vedova cercando di trattenerlo. «Potrete venire quando meglio vi aggrada, ho piacere di vedervi, ma se vi tratterrete ancora un po’, sono certa di potervi accontentare!»
La vedova abbassò lo sguardo e posando languidamente una mano sulla sua gamba, divenendo d’un tratto audace, propose, con un fil di voce: «Cenate con me, stasera! Ho cucinato con le mie mani un magnifico taglio di roast beef, frollato a dovere, che accompagneremo con dell’ottimo vino di Borgogna, tenuto in serbo solo per le occasioni speciali!»
«Mi piacerebbe molto, ma il mio appartamento è piuttosto lontano e i cancelli vengono chiusi presto. Se ritardassi, non riuscirei a entrare», si giustificò Florio, che aveva previsto di passare la notte in casa Southampton.
«Dormirete da me, allora! Le strade sono malsicure e non starei tranquilla sapendovi in giro, esposto al pericolo per causa mia. Avrete un buon letto e lenzuola pulite», propose e, con un lampo dello sguardo, aggiunse: «E me, se vi degnate!»
A John non dispiaceva affatto la matura vedova dai capelli rossi che, stretta nell’attillato corsetto, metteva in mostra i candidi globi del suo prosperoso seno. Sin dal primo momento Eleanor aveva esercitato su di lui le sue arti di seduzione, rivolgendogli sorrisetti maliziosi e occhiate inequivocabili. Di certo la pestilenza che dilagava in quel periodo aveva drasticamente ridotto l’affluenza nella sua casa ed erano rare le occasioni per socializzare: si capiva bene che si sentiva sola. Dopo la comprensibile diffidenza dei primi momenti, si era lasciata andare completamente al desiderio. Trasudava lussuria, quasi che il pericolo incombente avesse soffocato in lei ogni decenza e pudore. La paura della solitudine e del morbo, la disperata voglia di vivere, l’ansia del domani, le metteva addosso una febbre che si poteva placare solo nell’alcol e nel sesso.
Una carnalità inconsulta, la sola disperata reazione della vita alla morte incombente. Lui stesso se ne sentiva contagiato. John era regolarmente sposato e amava sua moglie, ma da tre mesi, dall’inizio dell’epidemia, era rimasto solo in città. Aveva spedito Rose e il bambino al sicuro, nella tenuta di famiglia dei Daniel, nel Somerset. Conosceva benissimo i rischi del contagio a cui si esponeva, ma l’aspetto prosperoso dell’ostessa “clandestina”, il suo sano incarnato e la pulizia esemplare della casa, erano di per sé rassicuranti. Tendenzialmente era un uomo fedele che privilegiava i sentimenti e che non indulgeva facilmente ai piaceri della carne, ma non era nemmeno immune dalle tentazioni. Non provava l’imbarazzo di cattolici e puritani che ritenevano la fornicazione un peccato, ma il senso della precarietà della vita l’aveva reso indulgente verso le debolezze del prossimo e di se stesso. Credeva, ben diversamente da quanto poteva accadere con una donna impegnativa come Amelia, che una notte d’amore con una popolana non avrebbe avuto alcuna conseguenza negativa sul suo matrimonio. Se quello, d’altra parte, era il prezzo da pagare per le informazioni che desiderava ottenere, l’avrebbe pagato volentieri.
Con la rassegnazione un po’ ipocrita di adempiere a un dovere stette, perciò, serenamente al gioco e non se ne pentì. La serata trascorse piacevolmente cenando di buon appetito e soddisfacendo gli amorosi sensi.

Mentre John stava già assopendosi, in piena notte, la vedova d’un tratto ricordò.
«Mi è venuto in mente un discorso che ho udito quel pomeriggio», disse mettendosi a sedere sul letto. «Non ricordo il contesto, ma parlavano di una scuola!»
«Scuola di cosa?», chiese John.
«Non l’hanno mica detto, di magia, forse. Una scuola notturna mi pare. Mi ha colpito il tono in cui ne parlavano: da mettere i brividi!», si giustificò la donna.
«Chi di loro in particolare?», incalzò Florio.
«Quello che è stato ucciso, messer Marlowe, ne sono quasi certa. Aveva un tono vagamente beffardo, ma non credo che scherzasse», considerò la vedova. «“Nella Scuola della Notte si evocano i demoni”, ha detto.»
«Siete sicura, Eleanor, che Marlowe abbia detto proprio così? Provate a ricordare meglio», insistette John.
«All’incirca il senso era quello, ma sono certa che ha detto proprio “Scuola della Notte”», confermò. «Un nome strano e curioso che non si può dimenticare. Ffrysar, se ben ricordo, rimproverava messer Marlowe di frequentare una compagnia di depravati, senza Dio, che attentavano alla morale, praticavano la magia e bestemmiavano il Signore. Lui aveva riso, dicendo che alla Scuola della Notte, per l’appunto, s’impara a evocare i demoni dell’inferno. Sghignazzando, aveva aggiunto che portava male parlarne in giro: si rischiava di trovarsi davanti Belzebù in persona e di dannarsi l’anima per sempre. È stato allora che ha tirato fuori il pugnale e lo ha piantato con forza sul piano del tavolo. Ffrysar gli ha risposto di andare al diavolo, lui e la sua Scuola della Notte. Non si scherzava più e hanno cambiato argomento. Quello che è avvenuto dopo non lo so, ma la tragedia non è nata da questo e nemmeno dal conto da pagare. L’ho già detto agli sbirri, il prezzo era tutt’altro che salato, visto quel che avevano mangiato e bevuto. Ma dite, mio signore, esiste davvero questa Scuola della Notte?»
«Non ne ho mai sentito parlare, in verità. Potrebbe essere solo una metafora, un nome in codice o, magari lo scherzo di un poeta che voleva impressionare le menti semplici dei suoi commensali. Grazie, comunque, di averlo ricordato, Eleanor, potrebbe rivelarsi un particolare importante per ricostruire cosa sia realmente accaduto al mio amico», disse John perplesso.

Quella notte non riuscì più a dormire. Stava con gli occhi aperti a fissare il buio nell’oscurità della stanza, cullato dal respiro di Eleanor, riflettendo su quelle misteriose parole e scivolando col pensiero tra le immagini che esse evocavano, non solo con la mente dello studioso, ma anche con quella del poeta.
La volta stellata, miracolo di bellezza e insondabile mistero, poteva rappresentare lo spazio infinito di un mondo parallelo, il regno dell’assoluta incertezza, dell’irrazionale e della paura incontrollata che domina lo spirito nella temporanea cecità della notte. L’insondabile vuoto del buio modificava ogni sensuale percezione e rimescolava la gerarchia dei valori, proiettando le tensioni vitali, i dubbi e le angosce quotidiane, nella forma di evanescenti fantasmi. La Notte che unendosi a Erebo dava alla luce Emera ed Etere, dilatava gli spazi e rendeva l’aria più spessa, quasi vischiosa, imponendo un respiro diverso, l’attesa di una epifania, quella differente scansione del tempo che è governata dall’immanenza del kairos, il tempo di Dio. Iniziava una vita diversa, al tramontare del sole, più intima e consapevole. Nell’atmosfera di trepidanti silenzi e di attese inespresse, il poeta coglieva con stupore e smarrimento il mistero palpitante della vita. Poteva udire nella sorda somma di suoni indistinti che chiamano silenzio, il proliferare della vita, i fiori che si aprivano e le farfalle che volavano. Comprendeva l’inesplicabile lotta contro la morte, nella crescita de “l’erba che nasce sopra le fosse”, nel germogliare del seme “nell’urna molle e segreta” della terra. Era forse di tutto questo che si parlava e si dibatteva alla Scuola della Notte? Metafore alchemiche, sogni e desideri inesprimibili o, forse, verità proibite e inaccessibili, troppo pericolose da rivelarsi alla luce del giorno, come le parole di un sortilegio o di una formula magica. Quale magia di idee e sensazioni aveva racchiuso il “prediletto delle Muse” nel nome della sua accolita di iniziati, l’indizio o, forse, la chiave stessa della sua immatura scomparsa? Due semplici parole, scuola e notte, avevano insieme una grande capacità evocatrice che apriva uno spiraglio su un intero universo. Suggerivano forse l’esistenza di un vitale mistero, di una occulta sapienza, rivelabile solo al buio, nel cuore della notte, bisbigliata di bocca in orecchio. Chi mai era Christopher Marlowe o, come lui preferiva firmarsi, Cristofer Marley?

(...)


© Arkadia Editore. Riproduzione vietata

Ugo Rampazzo è nato nel 1955 a Padova, città dove vive. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Venezia. Imprenditore, filmaker e regista nel campo della pubblicità, ha lavorato e lavora per i principali marchi internazionali. È un creativo poliedrico, appassionato di scienze umanistiche, in particolare di storia, archeologia e antropologia, interessi che ispirano i suoi lavori letterari.

Arkadia Editore e Ugo Rampazzo sono rappresentati da Tempi Irregolari.

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