giovedì 27 gennaio 2011

Nel Giorno della Memoria

Nel Giorno della Memoria dell’Olocausto vorremmo fare gli agenti di un premio Nobel che Italia ha da sempre suscitato tanto interesse quanto poco è stato il successo che ha riscontrato: Anatole France. Nel corso degli ultimi anni alcune ristampe di sue opere sono state coraggiosamente riproposte, mentre si annunciano per l’anno in corso la prima pubblicazione in lingua italiana di uno – noi auspichiamo due – titoli fra i molti che compongono il corpus delle opere di questo autore che in vita ebbe grandi onori. Fra le sue opere, una, di cui abbiamo proposto ad alcuni Editori la prima traduzione italiana curata da una traduttrice che collabora con la nostra Agenzia, Sara Gneri, è stata dedicata da France ad un suo connazionale e grande contemporaneo, contro la cui poetica, per altro aveva polemizzato nei quattro volumi della Vie Litteraire: Emile Zola. Nulla c’è da commentare poiché già è tutto è stato detto sul celebre J’accuse del padre del naturalismo, comparso il  13 gennaio 1898 su l’Aurore, con cui lo scrittore prendeva una netta posizione in difesa dell’ufficiale dell’esercito francese Alfred Dreyfus, ebreo alsaziano, accusato di spionaggio, degradato e condanno ai lavori forzati. Ma lo stesso Anatole France ci ha dato, da par suo, un quadro quanto mai tagliente ed inquietante della società francese al tempo dell’affaire. Ci riferiamo alla tetralogia Storia contemporanea, che comprende i romanzi:  L’olmo del Mail (1897), il Manichino di Vimini (1897), l’anello di Ametista (1899) e Il signor Bergeret a Parigi (1901). I quattro romanzi furono tradotti e pubblicati negli anni 50 da Einaudi (1952) e, ad un anno di distanza, da Rizzoli. Oggi purtroppo risultano reperibili solamente sugli scaffali delle librerie dell’usato, fra i remainders, o in internet sui siti che trattano comunque testi fuori catalogo. Sarebbe a nostro giudizio significativo sotto molti aspetti che almeno una della due case che hanno fatto la storia del libro e della cultura italiana, avesse il coraggio di riproporre questi titoli, al di là delle ragioni di mercato, pure comprensibili in tempi come questi. Ma proprio in tempi come questi, in cui, nel giorno della memoria, accanto ai vari libri di testimonianze di sopravvissuti all’olocausto, compaiono sui muri delle nostre città scritte antisemite, giorni in cui correnti negazioniste si fanno sentire a diversi livelli ed in diversi ambiti, anche insospettabili, con sempre maggior frequenza ed insistenza, in tempi come questi tanto più sarebbe interessante rileggere il ritratto che Anatole France faceva di quella società francese in cui con tanta forza questi sentimenti si fecero sentire e fecero levare il grido di Zola: j’accuse. Si resta allibiti, a dire poco, nel ritrovare su quelle pagine la foto in bianco e nero di una società, nostra antenata, in cui i nostri bisnonni si muovevano, occupata in feste e ricevimenti e lontana al tempo stesso da quegli inquietanti fermenti, prodromi delle aberrazioni che il secolo seguente avrebbe generato. Forse, allora, anche per noi che ci occupiamo di una branca della storia e della sociologia che si chiama letteratura, avrebbe davvero senso parlare di Attualità dei classici. Forse, allora, editori che hanno lasciato il segno nella storia della letteratura, assurgerebbero nuovamente al loro ruolo. Forse, lo speriamo, non si perderebbe un’occasione come quella odierna, in cui la memoria ritorna come monito dei sopravvissuti e come incubo che rinasce vergognoso sui muri della capitale, per riflettere e riscoprire tanta parte della nostra civiltà nelle parole di Anatole France. Forse, speriamo, questo accadrà l’anno prossimo, e non solo per un singolo giorno.
Stefano Bisacchi

1 commento:

  1. Essendo io un meridionale di ferro, nel senso buono, ho poca dimestichezza con storie di antisemitismo e così via. Voglio dire che noi la guerra, e quella guerra in particolare, l'abbiamo sempre vista di sfuggita. Per meglio dire, la guerra e la storia le abbiamo sempre viste dalla finestra (tranne rare eccezioni nelle grandi città ma niente di paragonabile, immagino, a quello che visse il Friuli). Una cosa è certa, una delle cose che più mi ha colpito passeggiando per Udine, è proprio la presenza della guerra sui muri. Certo, qui l'esercito è sempre stato massicciamente presente ma nel 2011 trovare scritte del tipo "Viva gli Arditi", scusate la mia ingenuità, lascia quantomeno interdetti. E' dagli arditi che il fascismo trasse i suoi primi organizzatori. La questione dell'Olocausto, credo, è diretta conseguenza della guerra in quanto tale, è figlia dell'odio in senso archetipico.
    Per tornare alla storia di France e Zola io non sarei così disponibile a considerare come vera la favola che vede lo scrittore, tutti gli scrittori, portatore di chissà quale saggezza, magari per investitura divina. Molti scrittori, grandi scrittori, hanno poi tradito gli ideali di libertà e onesta che ogni libro, ipoteticamente, racchiude in sè. Famosa è, per esempio, l'odio di Kerouac per il comunismo, un odio tutto americano e repubblicano, direi pre-nixoniano. E kerouac sarebbe lo scrittore simbolo della beat generation e degli ideali libertari e pacifisti di un intera generazione. Quindi ogni scrittore, per quanto santo, è un peccatore. Kerouac divenne anti-comunista, omofobo e razzista quando ormai era irrimediabilmente uno scrittore finito dall'alcolismo e distrutto dalle ristrettezze economiche. Certo, da qui ad essere antisemiti o sostenitori del più grande omicidio di massa della storia occidentale(perchè di cose altrettanto tragiche ce ne sono e ce ne saranno sempre in tutto il mondo) ce ne passa.
    Io credo solo che i libri, anche quelli pessimi, sono sempre più coerenti dei loro autori. E i grandi scrittori non sono mai all'altezza delle loro idee. Forse solo Rimbaud ...

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