Qui di seguito pubblichiamo il terzo e quarto capitolo del racconto inedito di Sergio Sozi. Il finale con la soluzione sarà on line la prossima settimana, per chi non avesse, nel frattempo, scoperto il colpevole. Buona lettura!
Tre
Sparito l’attore,
Santonastasio non tarda a rivolgersi ad Euterpe III, quello dei suoi due
gemelli interiori che meglio si addossi i pensieri d’ordine strettamente
sbirresco.
«Secondo me...» conclude costui
mentre il capitàno, in salotto, si scola l’ennesimo bicchierino di grappa
nepalese «...qui di piste ce ne sono svariate: la prima, vabbè, è la moglie
Emanuela che fa tutt’uno con l’amante Bruno (notare la rima); la seconda l’azienda
di produzione cinematografica con la quale Mastrangelo è ai ferri corti in
tribunale e la terza i mafiosetti che
gli spararono anni or sono e che sicuramente non han dimenticato le botte
ritirate al posto del liquido (se non consideriamo il pus). E anche una quarta:
i suoi colleghi che, stiamone certi, farebbero salti di gioia a spedirlo prima fuori
dal giro e poi magari drittodritto in braccio al Creatore. Gli fanno andare in
tilt i gangli, lui si autoisola, respinge i contratti, arriva la depressione
insieme alle solite droghe, si sparge la voce che è inaffidabile... infine la
spedizione, via pillole o roba pesante maltagliata, al capolinea Settimo Cielo.
Mica poco, eh, capo?»
«Un corno!» replica Euterpe-Euterpe
scocciatello «ma non vedi che stiamo ancora ai blocchi di partenza e privi di
qualsiasi affidabile indizio?»
«Eccoci alle solite menate: vuoi che
ti indichi io come e da dove cominciare la tarantella».
«Ti mantengo a grappe ed Emmesse maild come un principe, me lo
dovresti, no?»
«Brutto non potersi separare. Per le
identità multiple nessuno ha ancora pensato ad applicare il diritto civile. Ah,
stessimo in America...»
«Civile... tu civile, Terzo! Dài, piantala e dammi il la».
«E che, so’ un diapason?»
«No, sei solo suonato».
«Specularmente parlando concordo a
pieno, capo delle mie ciabatte. Ma ora... mh... dàmmi retta: inizia le indagini
vedendo se ne sa qualcosa Gaetano Barresi».
«Tano... ne son trascorsi di anni
ormai... be’, perché no. Spero non sia morto di cirrosi. Domattina lo chiamo».
«Toni Mastrangelo?
Proprio quello, l’attore, mi ha detto, capita’?» chiede senza nascondere una
via di mezzo fra distrazione e curiosità Gaetano Barresi, mentre continua a
tener d’occhio la canna da pesca sul molo, per niente affollato vista l’ora
ancora distante dal pranzo e considerato il mese, un lavorativissimo gennaio in
cui, nonostante il cielo limpido, i triestini ben poco si accorgono che la
città sta sul mare; poi «posso informarmi senza probblemi» prosegue col sempre
marcato accento romano, «ma si dice da anni che Mastrangelo sia uno un po’
esagerato... esagerato in tutto...» e si interrompe per dare una strattonata
alla lenza.
«E dài a fare l’oracolo di Delfi», rimanda
il Nostro, sornione, accendendosi una sigaretta. «Il tuo consueto modo per
chiedere quanto pago per approfondire il discorso. Pago, pago, tranquillo». E
gli fa scivolare nella tasca del giubbotto una bella banconota di quelle
marroncine con scritto cinquanta. «Altre cinque uguali a lavoro compiuto, piú
rimborso spese. Adesso prosegui, poi entro un paio di giorni mi mandi il papier. Non per posta elettronica... non
provarci o chiudo il rapporto: consegna a domicilio nella buca delle lettere
come un tempo, chiaro? Metodo sperimentato e sicuro».
«Contento lei capitàno... ecco,
Mastrangelo a Cinecittà ha fama di nevrastenico. Lo sono un po’ tutti i miei ex
colleghi der cinema, però... be’ finora, grazie all’agente, che è uno molto ben
piazzato, ha lavorato tanto, ma... correva voce...» ed estrae una corpulenta
fiaschetta dalla saccoccia interna.
«Che, sei passato ai super?»
«Niente piú benzina da cinque anni, capitàno... è che stando qui a pescare
tutto il giorno mi viene sete e non mi va di farmi spennare dai caffè delle
Rive. Cosí mi porto dietro acqua e limone, come gli scout».
«Fesso. Dài, prosegui: corre voce
che...»
«Un attimo...» lo interrompe l’uomo,
che ripone la fiaschetta nella stessa tasca, estrae dall’altra un thermos
odoroso di caffè e se ne versa in gola un paio di sorsi. Poi si allontana con
un cellulare in mano per qualche minuto e di ritorno: «...dicevo che Mastrangelo
s’è bruciato il cervello a suon di coca, alcool e incontri strani. Lui sí, che
va con i super... tutto super: una
separazione dalla moglie che fra poco, con la sentenza definitiva del tribunale
di Venezia, diventerà un superdivorzio, visto che lei gli ha chiesto mezzo
milione di euro all’anno di alimenti e lui gliene ha dovuti concedere
trecentomila per avere almeno una piccola speranza di chiudere la causa. E
ancora: supercoinvolto con la ’ndrangheta del suo paesello natale giú in
Calabria, che se non lo avessero spinto quelli, lui la carriera se la sarebbe
sognata... e... e supergiocatore... ha delle ipoteche, si mormora. Troppe. Eccetera
eccetera. Il séguito, Santonastasio, glielo scrivo dopodomani a mezzogiorno con
le virgole e i puntini al posto giusto».
«Bravo: quando metti nero su bianco,
niente sentito dire, solo fatti veri
e accertati. Però attenzione: devi tener presente anche la moglie. Sai come
reperirne i dati? La puoi rintracciare? Ah, non ne dubitavo. Adesso toglimi una
curiosità: ma come fai, dopo vent’anni che non reciti piú a teatro e dieci che
sei uscito dai Servizi, a saperne ancora come una... di quelle d’alto bordo?»
«Sono un morto de fame. I pezzenti,
nell’ambiente artistico d’ogni tempo, suscitano simpatia e solidarietà.
Inoltre, poiché grazie alla crisi ormai semo in tanti, ce se dà ’na mano a
vicenda. Per esempio due de quei suoi bbiglietti marroni io so già a chi li
devo passare. Il resto va per mi’ moglie, come ar solito». E con mossa fulminea
da tennista, l’ultrasettantenne Gaetano Barresi estrae dal triestin Adriatico
un branzino che peserà di sicuro almeno quanto l’intero suo braccio destro.
«Motore... ciàc...
azione!»
La voce di un regista nell’impartire
gli ordini di prammatica non è cambiata, dopo oltre cento anni di pellicole:
sempre vagamente liturgica e un po’ irritante per la troupe. E neanche uno
scenario di guerra del 2015 differisce da uno analogo della ’15-’18, se proprio
si desidera ricostruirlo: trincee con cavalli di frisia, sacchetti di sabbia,
baracchette per i cecchini, fossati fangosi... e un sonoro che raramente parte senza botti. Proprio come adesso. Appena
avviate le telecamere digitali il teatro dell’azione, posto al centro per poter
essere inquadrato contemporaneamente da diverse angolature, prende a pullulare
di frenetici soldati che, rivestiti di sporche e rozze uniformi grigioverdi,
strisciano come lucertole gettando oltre il filo spinato bombe a mano simili a
giganteschi funghi e collane di fucilate assortite con obici a piú dimensioni,
fra cupi rimbombi di esplosioni, fischi di proiettili e imprecazioni di commilitoni
e superiori, agitati o feriti. Evidentemente il momento del conflitto non
dev’essere dei migliori per chi sta da questa parte della barricata.
«Ecco, adesso: entra, Toni!» fa
l’Aiuto-regista sottovoce dandogli un’amichevole spintarella. Mastrangelo, con
indosso una mimetica da sottotenente dell’esercito italiano opportunamente
maltrattata e lorda di mota marrocina, si butta carponi un paio di metri a
destra dell’obiettivo della Numero Tre,
estrae fulmineamente una grossa Luger e, a bruciapelo, scarica due colpi sulla
schiena di un tenente che gli sta a fianco. Poi si guarda attorno e, verificato
di esser solo – gli altri sono distanti ed occupati a respingere l’assalto
avversario, il cielo è coperto di nuvole – scava in fretta una buca e vi seppellisce
la rivoltella, ghigna soddisfatto e continua il percorso camminando accucciato
verso una postazione coperta, presente a poca distanza. La Numero Tre lo segue in soggettiva mentre entra nel modesto
ambiente: vi sono tre soldati in linea, intenti a sparare da altrettante
feritoie. Quello di sinistra si volta amichevolmente verso Mastrangelo: «Ah è
qui, signor sottotenente...» ma questi ricambia la cortesia piazzandogli una
pallottola in testa, stavolta grazie a una Beretta che immediatamente rivolge
agli altri due, abbattendoli senza dire una parola. Toni non suda neanche,
registra la Numero Uno: con una
paletta metallica scava in un angolo del polveroso pavimento e in breve ne
estrae un involto contenente una divisa da fante austriaco che egli indossa,
riponendo quella italiana nello stesso luogo. Una volta copertala di terriccio,
con rapida accuratezza esce, si arrampica sul fianco del fosso che dà sull’esterno,
scansa un grosso sacco di rena e chiatton chiattone prende a dirigersi verso il
fronte nemico, quando una forte deflagrazione gli succhia d’un tratto il sangue
freddo sino all’ultima goccia: «Ma porca... stop! Ho detto STOP!!» urla.
L’ordine viene ripetuto dal regista.
Un improvviso silenzio cala sul set.
«Che ti piglia adesso?!» lo investe
stizzito l’Aiuto.
«Come che mi... boia della miseria!!»
«Ho mascherato la
cosa con un malessere improvviso ma quella, mi creda, era una granata vera.
Vera, capisce? Fossi stato tre metri piú a destra mi avrebbe preso in pieno. L’onda
d’urto mi ha tirato via il berretto e scompigliato i capelli. E vedesse la
buca! Meno male che non se n’è accorto nessuno perché tirava vento – siamo sul
Carso, – gli effetti speciali sono ad alto volume, il cameraman era distante e inoltre
la scena è disseminata di fosse finte... una piú, una meno...»
«Accipicchia...» non riesce a commentare
diversamente Santonastasio all’altro capo del filo «...e quanti giorni mancano
al suo compleanno... tredici, già. Dunque hanno fretta di concludere il
discorso con... largo anticipo. E magari questo significa anche che se
riusciamo a superare indenni la sua festa l’assass... ehm il persecutore le darà
partita vinta e la lascerà in pace».
«Se è mia moglie, non ci credo
affatto. Mi vuole stecchito. Quando che sia».
«Un
attimo. Alla luce di questa bomba non è da escludere – anzi adesso è probabile
– che la gamma delle tipologie sia la seguente: uno psicopatico che vuole
sfidare i nervi del divo; qualcuno che cova vecchi rancori; o qualche malato di
invidia fra il personale. Le mie ricerche insomma dovranno indirizzarsi per
forza lí, sul suo attuale set. Ma suppongo ci giri tanta gente, no? Perciò il
nostro amico, ancora coperto dall’anonimato, ci riproverà senz’altro e ben presto.
Ora, Mastrangelo, mi faccia avere quanto prima un elenco completo del personale
presente sul Carso e dei visitatori d’ogni tipo, inclusi quelli che ci sono
capitati solo cinque minuti: scenografi e relativi assistenti, scavatori, manovali,
fornitori di armi di scena, attrezzisti, facchini, amici amanti e conoscenti
con o senza passi... persino il nome
dell’agente della compagnia assicurativa... insomma tutti tutti, chiaro? Dal truccatore al sorvegliante notturno. Voglio
una lista piú dettagliata dei titoli di coda. Poi... senta... lei vuole proprio
continuare a girare?»
«Proseguo fino all’ultimo ciàc,
certo, mica posso interrompere il film a metà... una coproduzione
italoamericana ad alto budget! Una parte deliziosa di coprotagonista in una
storia ispirata ad una vicenda realmente accaduta nel 1917: i due efferati
traditori Giacomo Prampolelli – impersonato da me – ed Eugenio Pesci, che
riuscirono a sabotare l’esercito italiano e a salvare la pelle a Vienna, dove,
sotto falso nome, divennero ricchi per morire infine nel proprio letto in età
avanzata, circondati dall’affetto familiare. Negatività pura. Roba da Oscar. Poi
guardi, Santonastasio: se mi tiro indietro dovrei pagare una grossa penale e
inoltre, al momento, non dispongo di altri contratti. Potrò solo farmi
accompagnare sul set dai miei due scimpanzè: sono tipi svegli di cervello...
stavano nelle teste di cuoio francesi».
«Ma cosí desterà sospetti... un
attore che a gennaio si fa scortare sulla scena in mezzo al Carso piú che mai deserto...»
«Alternative?»
«Mh. Il regista è americano?»
«Nato a Los Angeles da genitori
italiani».
«Allora
sarà abituato ai tipi stravaganti. Gli dica che ha bisogno dei suoi...
camerieri personali che le devono servire una dose di whiskey ogni fine scena».
«Il
cordiale me lo passa già adesso in
abbondanza l’Aiuto-regista... sa... qui siamo durante la prima guerra
mondiale...»
«Siringa
di robba personalizzata?»
«Ehm...
self service».
«Ma
lei, perdinci, è nato nel vaso di Pandora! Insomma trovi una scusa qualsiasi
per non farsi fare la pelle mentre lavora. Intanto io vedrò di accelerare i
tempi. Un fidato informatore mi ha appena consegnato un rapportino da cui sto
deducendo parecchie cose utili, che momentaneamente non riferisco per evitare
che le sfuggano di bocca in qualche momento di... sogno ad occhi aperti... ci
siamo capiti. Intanto mi tenga aggiornato: la richiamo io domani verso le ventuno,
d’accordo?»
«Ottimo,
a quell’ora, se non già deceduto, sarò libero di sicuro».
«Tocchiamo
ferro».
«Ferro
un c...»
Abbassato
il ricevitore, Santonastasio rifiuta con decisa cortesia la consulenza offerta
da Euterpe III e dissigilla la cartella giallo ocra, appena estratta dalla
cassetta delle lettere:
Caro capitàno, si ricorda nei dettagli il nostro
colloquio dell’altroieri sul molo? Eh no, sarà difficile che, anche un
intellettualone come lei, possa rammentare ogni particolare di quel dialogo peschereccio.
Ebbene...
Quattro
...le avevo accennato agli incontri strani del nostro
soggetto – scrive l`informatore –. Ecco, mi sono chiarito le idee: in realtà sono peggio che strani. L’attore ha a che fare con una setta
satanica, una fra le piú pulite, o quasi, cioè dedita a orge selvagge legali,
con droghe (queste meno legali) ma senza sangue né violenza... eppure molto
pericolosa, a giudicare dalle idee malvagie che la guidano. Questo,
Santonastasio, glielo posso scrivere con sicurezza perché son riuscito a
procurarmi un testo, una specie di preghiera diabolica vergata di propria mano
dal soggetto stesso e da lui firmata insieme ad un altro tizio, di cui le dirò
piú sotto. La allego senza, purtroppo, per ovvia delicatezza e tutela delle
fonti, poter precisare le modalità in cui ne sono venuto in possesso. Per
venire alle altre scoperte, eccogliele elencate di seguito:
1) Telefonando a un mio vecchio amico che fa il figurante da una vita, ho
scoperto che adesso lavora sul Carso proprio nel film di Mastrangelo, dunque
ieri lo sono andato a trovare in loco.
Ecco. Era un momento di pausa e, tra le maestranze occupate a consumare i
cestini-pranzo, non mi è sfuggita un’altra presenza: quella di Franco Lumia, un
maturo sarto di scena siciliano che, diversamente da me, è riuscito a passare
dal palcoscenico al set. Ho finto di non vederlo ma so che mi ha notato. E so
anche che era un fanatico religioso, di quelli cattolici ortodossi che
rasentano l’integralismo. È lui l’addetto agli abiti di Mastrangelo, insomma lo
veste riveste e spoglia a ogni cambio di scena. Visto il vizietto di Toni, sarà
lecito considerare quei due come il Diavolo e l’Acqua Santa: che tipo di
convivenza avranno instaurato? Un ménage non privo di attriti cioè di rischi
per il Nostro... e niente di meno per l’altro. Ma qui il perseguitato è il
Diavolo, non l’Angelo.
2) La signora Emanuela Dessí, entro breve (tredici giorni
esatti se la sentenza di divorzio verrà emessa puntualmente) ex coniuge del
Mastrangelo, non è tipo che cerchi di nascondersi. Tutt’altro: è limpida come
il Po a Pian del Re. E non ha amanti. Nessuno, benché a trentacinque anni e
munita com’è di bella presenza potrebbe permettersene piú di uno. Invece vive
da sola a Trieste mantenendosi con un dignitoso lavoro saltuario di doppiatrice
a Roma e qualche particina in film d’essai; dunque non naviga nel denaro ma non
se ne lamenta affatto. Inoltre le voci sugli alimenti principeschi erano del
tutto false e immagino da chi messe in giro: in verità lei gli ha chiesto trentamila euro l’anno (ho
letto il verbale) che l’avvocato di lui è riuscito a portare a ventimila
scarsi! Se lo accoppasse sul serio (il marito non l’avvocato) il mondo non ci
perderebbe, ma quella donna è troppo seria per – dopo essersi abbassata a
sposare Mastrangelo – abbassarsi di nuovo ad usare mezzucci simili per ripicca
o interesse economico.
3) Riassuntino di altre notiziole utili ad indirizzare
l’indagine:
La ABL Cinematografica, azienda di produzione italiana
del film insieme ad altre due statunitensi, è piena di debiti. Nonostante
questo ha sottoposto un contratto da ottocentomila euro a Mastrangelo
(duecentomila in anticipo, il resto a lavorazione ultimata). L’altro
protagonista della pellicola, un italoamericano alquanto noto negli USA, ne
prenderà solo la metà. Motivo del trattamento privilegiato: Toni incontra il
presidente della ABL, Lucio Neri Bossi (è lui il cofirmatario della preghiera
luciferina), nelle riunioni orgiastico-magiche della anzimenzionata setta – sta
a significare che molto probabilmente l’attore lo ricatta, perché Bossi è
sposato con prole. Fatto sta che le ipoteche di Mastrangelo (ben quattro e
grosse) sono state sciolte, qualche giorno fa, grazie a una serie di versamenti
effettuati dall’attore stesso stranamente nelle medesime date di una serie di
esborsi registrati come ‘‘straordinari’’ dall’ufficio contabilità della ABL. A
sommare il compenso professionale e questi extra bonus si ottiene, guarda caso, il totale delle
ipoteche del nostro divo.
Ed è tutto. In una busta a parte, troverà qualche numero
di telefono per proseguire da solo. Se servisse altro non faccia complimenti,
sor capitàno: come sempre sarà mio punto d’onore riuscire a farle risolvere il
caso quasi senza dover uscire di casa.
Suo aff.mo
Gaetano Barresi
Cosí stando le cose
– medita Santonastasio richiudendo la cartella – la lista dei nomi che ho
chiesto a Mastrangelo diventa del tutto inutile... o meglio... un attimo... quell’elenco
di persone presenti sul set carsico servirà a coprire il mio vero pensiero agli
occhi di questo attore un po’ troppo losco per i miei gusti. Continuando
davanti a lui a concentrare le mie indagini sui suoi colleghi e sulla moglie,
non gli farò sospettare minimamente che invece ho appena messo sotto i raggi x lui e il suo compagnuccio di
merende Lucio Neri Bossi. Perché è evidente: escludendo il sarto
cattointegralista – per quanto invasato sia, mi sembra eccessivo considerarlo un
assassino – ed eliminando anche la pista della ’ndrangheta, visto che
Mastrangelo o ne è membro o ne è un caro amico, le ipotesi che stanno in piedi
restano... mah... diciamo in primis una: l’attentatore è Bossi, il quale, prima
di ucciderlo, sta cercando di recuperare da Mastrangelo i soldi che ha dovuto
versargli finora per pagarne il silenzio sulla setta satanica – dunque, se
fosse cosí, Toni mi starebbe nascondendo una richiesta di denaro fattagli dal
suo anonimo persecutore quando lo ha chiamato telefonicamente, e me la sta
nascondendo perché non immagina che la preghiera sia il vero motivo della
persecuzione, ossia non sospetta del Bossi. E fin qui a considerare diciamo candido l’attore. Però, proseguendo
nella stessa ipotesi, eccone un altro risvolto che gli macchierebbe alquanto la
coscienza: Mastrangelo, mentre confida in me per scoprire l’identità
dell’attentatore, sta approfittando della faccenda per incolpare la moglie –
della quale sa l’innocenza – in modo da vincere la causa con lei ed evitare di
darle i miseri ventimila euro che le dovrebbe per gli alimenti. Siccome il giorno
del suo compleanno è anche quello previsto per l’emissione della sentenza di
divorzio, Mastrangelo sta facendo di tutto per dimostrare la colpevolezza della
donna entro tale data.
Ma...
cosa ho detto? Il compleanno di Mastrangelo coincide con la sentenza, sí, ho
detto!
Già.
Dunque quella data ora mi dovrebbe sembrare
un tantino troppo centrale, anzi... forse... studiata. Vediamola un po’. È importante in tre contesti attinenti:
per la causa di divorzio, per l’evidente intenzione di Mastrangelo di strumentalizzarla
contro la moglie e... per il persecutore, che l’ha inserita nelle lettere
minatorie. Dunque, guarda caso, quella data, nelle lettere, fa combaciare gli
interessi del perseguitato con quelli del persecutore.
Da
qui ecco sgorgare un’altra ipotesi: la persecuzione e gli attentati sono solo
una farsa, il cui autore è Mastrangelo in persona, che vuole condurmi a collegare
due nomi ben precisi, avendo l’intenzione di spedirli in prigione in tandem grazie a me: Emanuela e Bossi.
Ma, mi chiedo, perché? Emanuela va
bene... la odia e non vuole passarle gli alimenti... ma Bossi? Se lo mandasse
in galera lo rovinerebbe e non potrebbe piú mungerlo. Non ha senso. Mh. A meno
che... certo, dimenticavo la situazione finanziaria del produttore! – grida
Santonastasio prendendo a rigirarsi fra le mani la busta contenente la
preghiera satanica. E prosegue: – il discorso deve essere cosí impostato: prima che cominciassero le lettere di
minaccia, ma dopo la firma del
supercontratto per il film e anche dopo gli altri esborsi ‘‘extra’’, Bossi,
ormai depauperato, deve avere detto a Mastrangelo: ‘‘Hai visto che contratto
coi fiocchi ti ho fatto? Sei contento? Be’ la ABL sta per fallire, dunque, d’ora
in avanti, da me non vedrai piú un soldo: divulga pure la nostra preghiera. Provocherai uno scandalo che
non finirà piú e ci rovineremo entrambi la carriera. Tanto io, ormai, sono un
uomo finito. Anzi guarda: se mi dài ai nervi con altre richieste di denaro, la
copia di quella preghiera, che tu sai è nelle mie mani, la rendo pubblica io.
Dunque comportati bene, Toni, lasciami in pace, lavora e fa’ il bravo bambino’’.
Cosí Mastrangelo, il quale tutto vorrebbe meno che questo (ed oltretutto odia i
bravi bambini), mette in atto velocemente la contromossa: inizia ad
autominacciarsi ed autoattentarsi e assume me. L’attore, manipolando ben bene
le informazioni che sarebbero dovute giungermi all’orecchio, pensava di
portarmi a capire il contrario del reale, cioè che era Bossi a ricattare lui
per la setta satanica e siccome lui, Toni, non voleva cedere, il produttore aveva
preso a minacciarlo e bombardarlo per convincerlo a pagare. Immagino che per
rafforzare tali accuse Mastrangelo, in questi giorni, abbia anche iniziato a
versare, all’insaputa di Bossi, qualche migliaio di euro sul suo conto corrente
bancario. Mh. E sí... diabolico l’obiettivo dell’attore: eliminare il pericolo Bossi,
il pericolo sputtanamento, e distruggere l’Emanuela. Dunque questa preghiera
compromettente è stato Toni a farla avere a Tano perché giungesse nelle mie
mani. Mastrangelo, nel firmare con me il contratto di consulenza investigativa
privata, ha veduto bene di inserire un comma che mi impedisce la divulgazione
di qualsiasi atto emergente dalle mie indagini che possa esser pregiudizievole
per il buon nome del cliente. Insomma Toni sa che non potrò mai esibire questa
fottutissima preghiera: nel mio cassetto è piú sicura che nel caveau di una
banca. E mentre Bossi finisce dentro per tentata estorsione, tentato omicidio, lesioni,
minacce e persecuzione postale, Toni riesce a rubargli l’altra copia della preghiera
che evidentemente il produttore deve conservare in qualche parte che lui
immagina o sa. Emanuela, anche se presto scagionata, resterà comunque
pubblicamente implicata, cioè infangata, in una vicenda di satanismo e
probabile ricatto ai danni del marito. Ecco. Brutta robba.
Ma
c’è un ma. Se Mastrangelo vuole
portarmi a tutto questo, perché non mi ha ancora detto qualcosa tipo: ‘‘Bossi
mi sta ricattando per una certa faccenda e secondo me, in combutta con mia
moglie, per forzarmi a pagare ha preso a spedirmi lettere minatorie ed ora, a
mostrarmi che non scherza, anche bombe vere sul set’’? Ecco... perché, ripeto,
non mi ha ancora detto questo, o qualcosa di simile, magari mettendomi
personalmente sotto gli occhi questa preghieraccia, il benedetto Mastrangelo?! Forse
perché sta fingendo di non essere arrivato a capirlo? Perché è sicuro che ci
sto arrivando io? O perché... ma è evidente! Perché dovevo arrivarci da solo: arrivandoci da solo avrei
concluso che la vittima era lui, se me ne avesse parlato avrei sospettato che
mentisse!
Ma
non mi conosce a sufficienza, il guitto. Eh no. In conclusione, d’ora in avanti
questo sarà il mio comportamento: bocca cucita e attesa degli sviluppi. Io non
ho ricevuto nessuna preghiera satanica e sto perdendomi fra i rivoli dei mille
altri individui sospettabili: il sarto, la moglie, i suoi colleghi invidiosi, la
’ndrangheta, eccetera. Insomma prendo tempo. Presto o tardi, se una delle due
ipotesi è quella giusta, o Mastrangelo o Bossi uscirà allo scoperto ed io,
zitto zitto, potrò coinvolgere i carabinieri di Venezia semplicemente mandando
loro in forma anonima, per posta, questa preghiera dei miei cabasisi... meglio
se insieme a qualche riga battuta al computer dove faccio nomi, cognomi e
numeri telefonici.
Attorno alle undici
della mattina successiva a quanto appena visto e sentito, la suoneria del
telefono grigiotopo anni Settanta di casa Santonastasio per l’insistenza
scatenerebbe un’emicrania doppia e acuta pure a un giovanotto di quelli
discotecari che straballa la techno
ogni notte.
«Lo so che eravamo rimasti per
sentirci stasera alle ventuno, capitàno», dice l’attore, «ma c’è un cambio di
programma».
«Prego», replica asciutto Euterpe
sveglio da poco.
«Stasera alle nove devo essere a una
serata di beneficenza al Teatro La Fenice di Venezia... una rottura tremenda di
cui m’ero del tutto dimenticato: orchestra da camera e brani lirici, con
ripresa televisiva. Sono stato annunciato e se mancassi convaliderei le voci
che già mi dànno per malato di nervi».
«Allora, come restiamo?»
«La aggiornerò domattina dal set...
lei ha niente da raccontarmi?»
«Piano piano sto componendo una rosa
di sospetti... che sto facendo pedinare o intercettare... ma ancora niente di
sicuro. Lei, Mastrangelo, altri messaggi anonimi?»
«Nella posta di stamattina no. Vado
a lavorare quasi tranquillo, mi pare. Arrivederci».
«Un attimo, non riattacchi: la lista
del personale del film... si ricorda... me la faccia mandare entro oggi, mi
raccomando».
«Ah... d’accordo... appena l’ho
preparata telefono allo spedizioniere, cosí le arriverà nel pomeriggio, ci
conti».
Mh – pensa Euterpe – neanche se ne
ricordava... figurati che importanza può darle. Poi oggi mi sembra sfuggente.
Secondo me sottopelle gli premeva la curiosità di sapere se avessi già ricevuto
la sua preghiera.
In seconda fila, la
poltroncina di velluto rosso numero ventotto attendeva solo lui: l’unica ancora
vuota, stretta fra politici annoiati, registi sbuffanti e soubrette dallo
sguardo opaco, tutti invariabilmente scontenti della mezz’ora di ritardo con
cui il programma sta per avviarsi. Comunque ormai ci siamo: le luci, con la
consueta triplice intermittenza, hanno appena dato la mezzasala e il brusio del folto pubblico sta, mano a mano,
placandosi. Il teatro, zeppo di spettatori, tecnici e materiali da ripresa, che
ne occupano ogni centimetro quadrato, a questo punto non potrebbe ospitare
altri che Mastrangelo. Mentre si aprono le due grandi quinte verdi l’uomo
accede alla platea: ha dovuto lasciare gli scimpanzè nella hall e la maschera
che lo affianca gli sta indicando il posto riservato. Notandone l’entrata nel
corridoio centrale, un paio di spettatori accennano un timido applauso, subito
represso a gesti dall’attore che guadagna in fretta lo stretto spazio tra le
serie di seggi e, scusandosi con i colleghi costretti ad alzarsi, lo percorre
fino circa alla metà. Stringe al volo la mano di chi gli sta di lato ed ecco:
si è seduto. L’urletto di Toni non viene percepito da nessuno, perché coincide
con il sorridente buonasera della
presentatrice che, tramite gli altoparlanti, dà il via alla serata musicale – inoltre
tutti gli sguardi sono puntati sulla ribalta. Massaggiandosi l’indolenzita
natica destra l’attore prende a ispezionare il sedile: prima la superficie
superiore poi quella di sotto. In un secondo diventa cadaverico, infilatosi di
soppiatto qualcosa in una tasca della giacca scura si leva con decisione, quasi
calpestando tutti giunge sotto i palchi, dove imbocca un’uscita laterale e
prosegue fino alla caffetteria dell’atrio. Al bancone le sue due guardie del
corpo stanno consumando qualcosa d’analcolico e non possono nascondere lo
stupore di rivedeselo davanti dopo appena cinque minuti. Toni ne prende una
sotto braccio e allontanatosi di qualche metro «Presto, portami al pronto soccorso!»
ordina esagitato.
Attorno alla mezzanotte Mastrangelo
è solo in casa: «Capitàno... stavolta...» gli trema la voce e tiene in mano una
specie di secchio di gin puro «...quella psicopatica ce l’ha fatta a colpirmi.
Una siringa fissata, a punta all’in su, sopra uno sgabelletto nascosto sotto il
sedile. Invisibile e micidiale. Con il mio peso ho azionato lo stantuffo.
L’hanno subito analizzata in laboratorio e per fortuna conteneva un’innocua
mistura di acqua distillata e vitamina B. Mi hanno dimesso. Ma la cosa è
trapelata alla stampa... son dovuto scappare agli intervistatori. Ormai è
chiaro: la bastarda vuole solo sputtanarmi. Le basta distruggermi la carriera.
Quel che rimane di Toni Mastrangelo lo demoliranno la povertà e l’angoscia».
«Oppure gioca come il gatto col topo:
l’ultima unghiata arriva alla fine del divertimento, mai prima. Forse il gatto
smetterà di divertirsi il giorno che sappiamo».
«La gatta. Dio la fulmini. Mai come
quest’anno ho avuto voglia di raggiungere il mio compleanno».
«Dio
dice... mh... senta Mastrangelo: non può riuscire a chiudersi in casa per i
dodici giorni che restano?»
«Impossibile. La produzione ha una fretta
indiavolata».
«Indiavolata
mo...!»
«Santonastasio, che si mette a fare
l’eco?»
«Repetita iuvant sed variatio
delectat. La smetta con la storia di sua moglie, su».
«Ha altri candidati? Devo ricordarle
che l’ho assunta per svelare questo mistero prima che mi ammazzino, PRIMA
sottolineo».
«Ma chi la ammazza a lei, Toni...
figuriamoci!»
«Non mi piace questo tono: vuole per
caso rinunciare all’incarico?»
«Tanto, per quel che servo...
diciamo che se non traggo un ragno dal classico buco entro tre giorni, il
quarto lascio l’incarico. Concorda?»
«Per niente... guardi... mi sto
irritando».
«Diventa pericoloso quando si
irrita, lei?»
«Meglio
non mettermi alla prova. Sicuramente non faccio il samaritano con uno che pago
per salvarmi e invece mi sfrutta e... e magari mi nasconde anche qualcosa.
Allora... che le gira in testa, capitàno?»
«Niente
di particolare, per adesso». Santonastasio sta per salutare, ma si dà una pacca
sulla fronte e prosegue: «...se invece risponderà alla domanda che sto per
porle, credo che qualche ingranaggio, forse solo una miserrima rotellina,
comincerà finalmente a muovermisi nel cervello... etto... il cervelletto».
«Dica».
«Quanto
la sento freddo stasera, Toni. Allora. Chi conosceva il suo appuntamento alla
Fenice e il numero preciso del posto?»
«Mah... non saprei esattamente... la
poltrona me l’ha assegnata di certo qualcuno della produzione Rai che ha
affittato il teatro, ma anche il personale di sala ne era certamente a
conoscenza. Poi Rosaria, la mia segretaria, come al solito».
«Nessun altro, ne è proprio
sicuro... non ha saltato qualche passaggio?»
«Ah già...»
E gli fa un nome.
«Immagino che sapesse anche qual era
la sua esatta posizione sulla scena del film».
«È verosimile, capitàno. Ma secondo
me i suoi sospetti sono assurdi».
«Assurdità per assurdità... si
inventi qualcosa... insomma faccia in modo che venga a casa mia domattina...
diciamo a mezzogiorno. Voglio pranzarci insieme».
©Sergio Sozi. Riproduzione vietata.