Pubblichiamo un brano tratto dal capitolo terzo del giallo storico pubblicato da ARKADIA EDITORE:
LA SCUOLA DELLA NOTTE
di Ugo Rampazzo
Eclypse 41ISBN 978-88-68510-23-7
Formato cm 14x21
Pagine 128
Primo titolo di una progettata serie di cui uscirà nel 2015 un nuovo episodio, il romanzo racconta l'indagine su un omicidio d'eccezione condotta da un investigatore d'eccezione nella Londra di Elisabetta I.
Il romanzo è in vendita nelle librerie e sui pirncipali siti on line, anche in e-book.
Christopher Marlowe, detto Kit, poeta acclamato, ma anche libertino impenitente, accusato in passato di sodomia e ateismo, muore assassinato a causa di una pugnalata in un occhio. Le indagini vengono chiuse velocemente e il presunto omicida rilasciato. Tanta fretta non convince il collega, amico e rivale di Kit, il coltissimo John Florio. Nel clima torbido delle guerre di religione, della rivalità tra i favoriti di Elisabetta I, in una Londra resa ancora più fosca dalle lotte di potere tra i partiti di Lord Cecil e del conte Leicester, tra massoneria e misteriose confraternite, John Florio giungerà a scoprire una verità sorprendente e a conquistare la Dark Lady, Amelia Bassano, figura enigmatica e musa ispiratrice di Marlowe. La scuola della notte è il primo episodio di una serie di romanzi che hanno per protagonista un investigatore e avventuriero d’eccezione: John Florio, un esule italiano, scrittore e traduttore di altissimo profilo del periodo elisabettiano, la cui personalità complessa potrebbe celare il vero autore delle opere comunemente attribuite a William Shakespeare.
CAPITOLO TERZO
(...)
Eleanor
Bull, la vedova di Deptford nella cui casa era avvenuto l’omicidio di Marlowe,
tirava avanti affittando a ore due sale del pianterreno della sua dimora a una
ristretta cerchia di conoscenti per cene e riunioni conviviali in cui, aiutata
dalla sua servetta, offriva a pagamento i suoi servigi di cuoca. Non aveva una
regolare licenza e doveva esercitare la professione in modo quanto mai
discreto. In realtà non aveva molto da riferire sull’incidente. Rammentava
perfettamente quanto avvenuto quel giorno, ma era entrata nella sala dove i
quattro uomini banchettavano quattro o cinque volte, solo per portare birra,
vino e vivande. Rispondeva senza reticenza alle domande e non sembrava avere
nemmeno troppa fretta di liberarsi dell’elegante signore che era venuto a
titolo personale a informarsi sui fatti di quella tragica giornata. La sua
clientela abituale di mercanti, artigiani e piccoli funzionari statali non era
così raffinata come avrebbe voluto che fosse e ambiva elevarsi. Era stata
subito attratta dai modi cortesi, dal bel volto abbronzato, incorniciato dai
ricciuti capelli neri dello sconosciuto. Era proprio il tipo d’uomo con cui si
sarebbe tolta volentieri un capriccio. Era ben vestito e pulito, aveva spalle
larghe e vita sottile e quando incontrava il verde mare dei suoi occhi
penetranti e maliziosi, si sentiva quasi sciogliere di desiderio. I garbati
complimenti che le rivolgeva con una voce calda e suadente, avevano del tutto
infranto la sua studiata ritrosia e il suo contegnoso riserbo.
«Dunque milady Eleanor, a parte i naturali
commenti sul cibo e, di certo, sulla vostra avvenenza, avete udito altri brani
di conversazione dai vostri clienti?», chiese John con aria delusa.
«In
verità no, ma forse non ci ho badato più di tanto. Sapete, non mi intrometto
mai nei colloqui privati dei frequentatori della mia casa e non m’impiccio dei
loro affari», rispose la donna facendo mostra di grande scrupolo professionale.
«Tuttavia, pensandoci meglio, qualcosa potrebbe venirmi in mente. Ho buona
memoria e qualche brano dei loro discorsi l’ho sentito. È solo una questione di
tempo e quello non mi manca, ohimè.»
«Fate
con comodo milady», disse John con un sorriso, accorgendosi dell’ora oramai
tarda. «Tornerò a farvi visita domani o quando più vi farà comodo.»
«No,
no, non è necessario!», fece allora la vedova cercando di trattenerlo. «Potrete
venire quando meglio vi aggrada, ho piacere di vedervi, ma se vi tratterrete
ancora un po’, sono certa di potervi accontentare!»
La
vedova abbassò lo sguardo e posando languidamente una mano sulla sua gamba,
divenendo d’un tratto audace, propose, con un fil di voce: «Cenate con me,
stasera! Ho cucinato con le mie mani un magnifico taglio di roast beef,
frollato a dovere, che accompagneremo con dell’ottimo vino di Borgogna, tenuto
in serbo solo per le occasioni speciali!»
«Mi
piacerebbe molto, ma il mio appartamento è piuttosto lontano e i cancelli
vengono chiusi presto. Se ritardassi, non riuscirei a entrare», si giustificò
Florio, che aveva previsto di passare la notte in casa Southampton.
«Dormirete
da me, allora! Le strade sono malsicure e non starei tranquilla sapendovi in
giro, esposto al pericolo per causa mia. Avrete un buon letto e lenzuola
pulite», propose e, con un lampo dello sguardo, aggiunse: «E me, se vi
degnate!»
A
John non dispiaceva affatto la matura vedova dai capelli rossi che, stretta
nell’attillato corsetto, metteva in mostra i candidi globi del suo prosperoso
seno. Sin dal primo momento Eleanor aveva esercitato su di lui le sue arti di
seduzione, rivolgendogli sorrisetti maliziosi e occhiate inequivocabili. Di
certo la pestilenza che dilagava in quel periodo aveva drasticamente ridotto
l’affluenza nella sua casa ed erano rare le occasioni per socializzare: si
capiva bene che si sentiva sola. Dopo la comprensibile diffidenza dei primi
momenti, si era lasciata andare completamente al desiderio. Trasudava lussuria,
quasi che il pericolo incombente avesse soffocato in lei ogni decenza e pudore.
La paura della solitudine e del morbo, la disperata voglia di vivere, l’ansia
del domani, le metteva addosso una febbre che si poteva placare solo nell’alcol
e nel sesso.
Una
carnalità inconsulta, la sola disperata reazione della vita alla morte
incombente. Lui stesso se ne sentiva contagiato. John era regolarmente sposato
e amava sua moglie, ma da tre mesi, dall’inizio dell’epidemia, era rimasto solo
in città. Aveva spedito Rose e il bambino al sicuro, nella tenuta di famiglia
dei Daniel, nel Somerset. Conosceva benissimo i rischi del contagio a cui si
esponeva, ma l’aspetto prosperoso dell’ostessa “clandestina”, il suo sano
incarnato e la pulizia esemplare della casa, erano di per sé rassicuranti.
Tendenzialmente era un uomo fedele che privilegiava i sentimenti e che non
indulgeva facilmente ai piaceri della carne, ma non era nemmeno immune dalle
tentazioni. Non provava l’imbarazzo di cattolici e puritani che ritenevano la
fornicazione un peccato, ma il senso della precarietà della vita l’aveva reso
indulgente verso le debolezze del prossimo e di se stesso. Credeva, ben
diversamente da quanto poteva accadere con una donna impegnativa come Amelia,
che una notte d’amore con una popolana non avrebbe avuto alcuna conseguenza
negativa sul suo matrimonio. Se quello, d’altra parte, era il prezzo da pagare
per le informazioni che desiderava ottenere, l’avrebbe pagato volentieri.
Con
la rassegnazione un po’ ipocrita di adempiere a un dovere stette, perciò,
serenamente al gioco e non se ne pentì. La serata trascorse piacevolmente
cenando di buon appetito e soddisfacendo gli amorosi sensi.
Mentre
John stava già assopendosi, in piena notte, la vedova d’un tratto ricordò.
«Mi
è venuto in mente un discorso che ho udito quel pomeriggio», disse mettendosi a
sedere sul letto. «Non ricordo il contesto, ma parlavano di una scuola!»
«Scuola
di cosa?», chiese John.
«Non
l’hanno mica detto, di magia, forse. Una scuola notturna mi pare. Mi ha colpito
il tono in cui ne parlavano: da mettere i brividi!», si giustificò la donna.
«Chi
di loro in particolare?», incalzò Florio.
«Quello
che è stato ucciso, messer Marlowe, ne sono quasi certa. Aveva un tono
vagamente beffardo, ma non credo che scherzasse», considerò la vedova. «“Nella
Scuola della Notte si evocano i demoni”, ha detto.»
«Siete
sicura, Eleanor, che Marlowe abbia detto proprio così? Provate a ricordare
meglio», insistette John.
«All’incirca
il senso era quello, ma sono certa che ha detto proprio “Scuola della Notte”»,
confermò. «Un nome strano e curioso che non si può dimenticare. Ffrysar, se ben
ricordo, rimproverava messer Marlowe di frequentare una compagnia di depravati,
senza Dio, che attentavano alla morale, praticavano la magia e bestemmiavano il
Signore. Lui aveva riso, dicendo che alla Scuola della Notte, per l’appunto,
s’impara a evocare i demoni dell’inferno. Sghignazzando, aveva aggiunto che portava
male parlarne in giro: si rischiava di trovarsi davanti Belzebù in persona e di
dannarsi l’anima per sempre. È stato allora che ha tirato fuori il pugnale e lo
ha piantato con forza sul piano del tavolo. Ffrysar gli ha risposto di andare
al diavolo, lui e la sua Scuola della Notte. Non si scherzava più e hanno
cambiato argomento. Quello che è avvenuto dopo non lo so, ma la tragedia non è
nata da questo e nemmeno dal conto da pagare. L’ho già detto agli sbirri, il
prezzo era tutt’altro che salato, visto quel che avevano mangiato e bevuto. Ma
dite, mio signore, esiste davvero questa Scuola della Notte?»
«Non
ne ho mai sentito parlare, in verità. Potrebbe essere solo una metafora, un
nome in codice o, magari lo scherzo di un poeta che voleva impressionare le
menti semplici dei suoi commensali. Grazie, comunque, di averlo ricordato,
Eleanor, potrebbe rivelarsi un particolare importante per ricostruire cosa sia
realmente accaduto al mio amico», disse John perplesso.
Quella
notte non riuscì più a dormire. Stava con gli occhi aperti a fissare il buio
nell’oscurità della stanza, cullato dal respiro di Eleanor, riflettendo su
quelle misteriose parole e scivolando col pensiero tra le immagini che esse
evocavano, non solo con la mente dello studioso, ma anche con quella del poeta.
La
volta stellata, miracolo di bellezza e insondabile mistero, poteva
rappresentare lo spazio infinito di un mondo parallelo, il regno dell’assoluta
incertezza, dell’irrazionale e della paura incontrollata che domina lo spirito
nella temporanea cecità della notte. L’insondabile vuoto del buio modificava
ogni sensuale percezione e rimescolava la gerarchia dei valori, proiettando le
tensioni vitali, i dubbi e le angosce quotidiane, nella forma di evanescenti
fantasmi. La Notte che unendosi a Erebo dava alla luce Emera ed Etere, dilatava
gli spazi e rendeva l’aria più spessa, quasi vischiosa, imponendo un respiro
diverso, l’attesa di una epifania, quella differente scansione del tempo che è
governata dall’immanenza del kairos, il tempo di Dio. Iniziava una vita
diversa, al tramontare del sole, più intima e consapevole. Nell’atmosfera di
trepidanti silenzi e di attese inespresse, il poeta coglieva con stupore e
smarrimento il mistero palpitante della vita. Poteva udire nella sorda somma di
suoni indistinti che chiamano silenzio, il proliferare della vita, i fiori che
si aprivano e le farfalle che volavano. Comprendeva l’inesplicabile lotta
contro la morte, nella crescita de “l’erba che nasce sopra le fosse”, nel
germogliare del seme “nell’urna molle e segreta” della terra. Era forse di
tutto questo che si parlava e si dibatteva alla Scuola della Notte? Metafore
alchemiche, sogni e desideri inesprimibili o, forse, verità proibite e
inaccessibili, troppo pericolose da rivelarsi alla luce del giorno, come le
parole di un sortilegio o di una formula magica. Quale magia di idee e
sensazioni aveva racchiuso il “prediletto delle Muse” nel nome della sua
accolita di iniziati, l’indizio o, forse, la chiave stessa della sua immatura
scomparsa? Due semplici parole, scuola e notte, avevano insieme una grande
capacità evocatrice che apriva uno spiraglio su un intero universo. Suggerivano
forse l’esistenza di un vitale mistero, di una occulta sapienza, rivelabile
solo al buio, nel cuore della notte, bisbigliata di bocca in orecchio. Chi mai
era Christopher Marlowe o, come lui preferiva firmarsi, Cristofer Marley?
(...)
© Arkadia Editore. Riproduzione vietata
Ugo Rampazzo è nato nel
1955 a Padova, città dove vive. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a
Venezia. Imprenditore, filmaker e regista nel campo della pubblicità, ha
lavorato e lavora per i principali marchi internazionali. È un creativo
poliedrico, appassionato di scienze umanistiche, in particolare di storia,
archeologia e antropologia, interessi che ispirano i suoi lavori letterari.
Arkadia Editore e Ugo Rampazzo sono rappresentati da Tempi Irregolari.